Come applicare la formulazione neutra rispetto al genere?
Thread poster: Poecheim
Poecheim
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Oct 15, 2008

Buon giorno!
Sto addattando lo script di un seminario di formazione professionale che è stato concepito in lingua tedesca e che sarà poi eseguito in italiano. Quali sono le regole/usanze per applicare il "gender main streaming" nel linguaggio scritto italiano?
Grazie in anticipo e un cordiale saluto da Vienna.


 
Luciano Drusetta
Luciano Drusetta
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Dipende... Oct 15, 2008

E' una risposta banale e forse scontata, ma... dipende.

Normalmente l'italiano ha la tendenza a far prevalere il genere maschile: per esempio quando c'è un elenco in cui ci sono parole sia maschili che femminili, alla fine l'aggettivo o il pronome che li comprende cumulativamente è maschile.

Esempio:
Primari, assistenti, medici e infermiere hanno tutti lo stesso scopo: aiutare il malato.

Altro
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E' una risposta banale e forse scontata, ma... dipende.

Normalmente l'italiano ha la tendenza a far prevalere il genere maschile: per esempio quando c'è un elenco in cui ci sono parole sia maschili che femminili, alla fine l'aggettivo o il pronome che li comprende cumulativamente è maschile.

Esempio:
Primari, assistenti, medici e infermiere hanno tutti lo stesso scopo: aiutare il malato.

Altro esempio:
Ieri ho incontrato Maria, Giuseppe e Alberto. Li ho invitati a cena.

(L'ordine dei fattori di solito non conta: cioè non conta se nell'elenco c'è una prevalenza di termini femminili rispetto a quelli maschili, e non conta se i termini femminili appaiono all'inizio, al centro o alla fine dell'elenco).

A parte questa considerazione, quando si citano dei titoli, delle cariche, alcune di queste hanno la versione femminile: avvocato/avvocatessa, professore/professoressa...

Altre no: per esempio ingegnere, non mi risulta che abbia una forma femminile, e allora si dirà: l'ingegner Rosanna Bravi...

In certi casi c'è la tendenza a femminilizzare il titolo di studio e/o la carica occupata dalle donne, anche se questo può portare a delle forzature: come per es. la ministra o addirittura la presidenta (ho trovato questo termine in un articolo di stampa italiano, riferito alla presidentessa cilena Bachelet).

Ma credo che la tendenza naturale della lingua italiana sia di usare il maschile anche in questi casi: il ministro della Pubblica Istruzione Mariastella Gelmini, il presidente della Confidustria Emma Marcegaglia...

Se si vuole sottolineare che non si vogliono fare discriminazioni e si parla di ruoli in generale, puoi usare entrambi i generi: i/le manager... dottori e dottoresse... presidenti/presidentesse...

Un altro caso che può forse darti una "dritta". Mettiamo che un medico stia parlando di un caso medico e che non voglia far capire se il paziente è un uomo o una donna. In questo caso userà un termine neutro, per esempio il soggetto oppure il paziente. Poi quando si riferirà alla persona, proprio per evitare qualsiasi suggerimento anche involontario relativo al suo sesso (genere) potrebbe usare espressioni di questo tipo:

"Soggetto di 40 anni. Si presenta da me con disturbi visivi e gli/le prescrivo bla bla bla... Dopo alcuni giorni lui/lei ritorna e bla bla bla..."

Spero di averti aiutata.

Luciano
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ni-cole
ni-cole  Identity Verified
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Istruzioni de la Cancelleria federale (Svizzera) Oct 16, 2008

En el documento PDF "Istruzioni della Cancelleria federale per la redazione dei testi ufficiali in italiano" a partire de la pagina 39: "Uso non discriminatorio della lingua":

http://www.bk.admin.ch/themen/lang/00939/index.html?lang=it

Mi sembra que el modo pui comune è di sdoppiare, forse anche il uso di termini neutri.


 
Gaetano Silvestri Campagnano
Gaetano Silvestri Campagnano  Identity Verified
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Rispettare il genere femminile, ma "cum grano salis" Oct 17, 2008

Luciano & Marianna Drusetta wrote:

In certi casi c'è la tendenza a femminilizzare il titolo di studio e/o la carica occupata dalle donne, anche se questo può portare a delle forzature: come per es. la ministra o addirittura la presidenta (ho trovato questo termine in un articolo di stampa italiano, riferito alla presidentessa cilena Bachelet).

Ma credo che la tendenza naturale della lingua italiana sia di usare il maschile anche in questi casi: il ministro della Pubblica Istruzione [!!!], il presidente della Confidustria [XXX]...

Luciano


Ciao Luciano

Secondo me non si può parlare di "femminilizzare" una carica o un titolo di studio riguardo alle donne, perché credo che sia un normale procedimento grammaticale che dovrebbe essere sempre spontaneo, come per ogni concordanza al femminile, trattandosi appunto di donne.

Credo perciò che, se mai, dovrebbe essere proprio questa la tendenza naturale, e non quella di utilizzare sempre il maschile che, sebbene sia una consuetudine ancora largamente diffusa, è secondo me invece estremamente innaturale, se non spesso ridicola: perché chiamare "il direttore", "il giudice" delle donne? Magari rivolgendosi a loro anche con "Signor giudice"?!... (mi ricorda il divertentissimo paradosso opposto, su cui hanno spesso giocato comici e vignettisti: "Signora guardia"...)

Tra l'altro, oltre che ridicola, questa prassi di mascolinizzazione dei titoli femminili è soprattutto un chiaro segno del forte maschilismo che anima ancora la nostra grammatica.

Ritengo perciò giusta la nuova tendenza, iniziata abbastanza di recente, che mira a rivalutare il genere femminile anche nei titoli e nelle cariche, proprio di pari passo con la giusta acquisizione di un ruolo più importante della donna nella società (almeno nella nostra, come in tutto il mondo occidentale), ormai quasi sempre paritario rispetto all'uomo.

Per questo approvo il neologismo "la ministra" (anche se purtroppo noto che stenta ancora a prendere piede), e spero che si affermino al più presto anche le forme "la giudice", "la presidente" e, perché no, anche "la direttrice" (anche non solo quella scolastica, senza paura di confusioni: del resto esistono sempre delle accezioni diverse che si distinguono per il contesto) e "la segretaria del partito" (stesso discorso del termine precedente), che trovo molto più logiche delle forme maschili.

Questo, naturalmente, non vuol dire che si debbano accettare anche aberrazioni e strafalcioni grossolani o facilonerie grammaticali, che pure spesso sono abbastanza comprensibili in ogni tendenza linguistica che muove i primi passi.

Gli esempi più classici sono soprattutto "la vigilessa" e "la presidentessa", tipici neologismi creati in tempi non molto lontani per rendere una situazione nuova, di acquisizione, da parte della donna, di ruoli che fino ad allora erano solo maschili, situazione a cui la società maschilista non era per niente abituata. A tale vera e propria "rivoluzione", la società di allora ha perciò reagito con sorpresa (e sicuramente anche con ironia tipicamente antifemminile...) che si è riflessa in questi veri e propri controsensi grammaticali: infatti, in un italiano corretto, sarebbe sufficiente dire "la vigile" e "la presidente", dato che si tratta di due sostantivi derivati rispettivamente da un aggettivo e da un participio che hanno comunque una desinenza "ambivalente" (come tutti i participi e gli aggettivi quali "semplice", "forte", "debole", ecc.), e non è perciò necessario aggiungere un'ulteriore desinenza femminile come "-essa" (che, ripeto, in questi casi, quasi sempre suona sicuramente molto di "sfottò" contro le donne...)

Quello che poi è il colmo di tutte le aberrazioni di questo tipo, anche se, paradossalmente, nasce da un'intenzione positiva di valorizzazione della donna, è proprio il recentissimo esempio de "la presidenta" (Sic!) che hai citato nel post. Come credo risulti chiaro a tutti, si tratta di un termine quanto mai assurdo, inutile e gratuito, proprio perché, come si è appena detto, basterebbe semplicemente utilizzare il già presente e correttissimo "la presidente". Ebbene, in questo caso, non vorrei rischiare di sembrare "antidemocratico" o di mancare di "spirito caritatevole", ma ti assicuro che, quando vedo tali orrori, ho una tentazione fortissima a dire che chi ha coniato questa espressione meriterebbe forse qualche giorno di "meditazione" ...al fresco... (o forse la condanna a tornare in prima elementare...).

D'altra parte, invece, vorrei anche precisare che non condivido neppure gli eccessi sul versante opposto, cioè quelli che si potrebbero definire manifestazioni di "femminismo grammaticale", come ad esempio il totale rifiuto, in alcune formule, del maschile plurale "ambivalente" (cioè riferito a gruppi formati sia da entità maschili che femminili, che hai citato all'inizio del tuo post). Infatti, ultimamente vedo prendere piede sempre più tra diverse colleghe, l'uso di esordire, all'inizio di un post, proprio di questo forum, o di una e-mail in una mailing list, con l'espressione "ciao a tutt*" (con un asterisco al posto della desinenza "-i").

Chiaramente si tratta di un uso confinato esclusivamente a un contesto molto colloquiale come quello della discussione via Internet, di cui fa parte anche questo thread. E sicuramente non si possono nemmeno immaginare le conseguenze di un'eventuale estensione di questo uso a testi molto più ufficiali, come libri, articoli di stampa, documenti pubblici e burocratici, ecc. (per non parlare di cosa accadrebbe se le colleghe applicassero tale criterio alle loro traduzioni...).

Certo, può darsi che sia anch'io condizionato dal maschilismo imperante della grammatica, e che forse un giorno si potrà anche trovare per questo plurale una desinenza più "equa" (magari anche il morfema "zero": "tutt", sebbene ora sembri per lo meno utopistico...), ma non posso negare che, finora, quell'espressione "Ciao a tutt*", non dico che mi fa l'effetto di "presidenta", ma certo non mi dispone dell'animo migliore, e, nel più ottimistico dei casi, mi fa un po' sor(ridere)...

Io, al massimo, in queste situazioni, cercherei un giro di parole, una perifrasi elegante che eludesse alla base il problema, come magari "Ciao a chi / chiunque è / alle persone che sono in rete / in ascolto", "Ciao a chi / chiunque legge / alle persone che leggono", ecc. Del resto abbiamo in italiano un eccellente sostantivo generico come "persona", che per di più è proprio femminile. Oppure si potrebbe utilizzare "Ciao a tutta la comunità", valorizzando così un nome collettivo che è anche femminile...

Grazie e ciao a tutte le persone (;-)) che hanno avuto la pazienza di leggere.

Gaetano


[Modificato alle 2008-10-18 08:07]


 


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