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più o piú? Una curiosità
Thread poster: Tom in London
Tom in London
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May 26, 2013

Rileggendo un capitolo di un libro di storia di Renzo De Felice (si tratta di una edizione Einaudi del 1996), osservo che l'Editore usi "piú" al posto di "più". Ad es. "...ad altri livelli piú bassi, rimasero piú che altro delle forme di apprezzamento...."

Tra l'altro la mia tastiera (italiana) non ha il carattere "ú".

Sono corrette ambedue le forme? Le vecchie macchine per scrivere (come forse quella usata dal De Felice) avevano il tasto "ú"?


 
Andrea Russo
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Spiegazione May 26, 2013

L'accento acuto (é) indica la vocale piú chiusa, mentre l'accento grave (é) indica la vocale piú aperta. Quindi, tecnicamente, dovremmo avere í, ú, é, ó (vocali chiuse) da un lato, á, è, ò (vocali aperte) dall'altro. Le vocali [i] e [u] sono vocali chiuse, e quindi necessiterebbero dell'accento acuto. Ma ormai è accettato anche il sistema ì, è, é, ò, ó, ù, à; questo soprattutto perché le tastiere dei calcolatori non hanno l'accento acuto su queste due vocali.
Ma ancora
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L'accento acuto (é) indica la vocale piú chiusa, mentre l'accento grave (é) indica la vocale piú aperta. Quindi, tecnicamente, dovremmo avere í, ú, é, ó (vocali chiuse) da un lato, á, è, ò (vocali aperte) dall'altro. Le vocali [i] e [u] sono vocali chiuse, e quindi necessiterebbero dell'accento acuto. Ma ormai è accettato anche il sistema ì, è, é, ò, ó, ù, à; questo soprattutto perché le tastiere dei calcolatori non hanno l'accento acuto su queste due vocali.
Ma ancora si possono trovare alcune case editrici (vedi l'Einaudi) che continuano a seguire questo sistema accentuativo.

In conclusione: vanno bene entrambi.
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Marco Oberto
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vocali aperte (\) e chiuse (/) May 26, 2013

Tom in London wrote:


Tra l'altro la mia tastiera (italiana) non ha il carattere "ú".

Sono corrette ambedue le forme? Le vecchie macchine per scrivere (come forse quella usata dal De Felice) avevano il tasto "ú"?


Forse scriverò cose a te già note.

L'accento sulla vocale italiana serve ad indicare il grado di apertura della vocale. In italiano esistono 7 vocali (a, e aperta, e chiusa, i, o aperta, o chiusa, u), sebbene al nord se ne utilizzino solo 5 (a, e aperta, i, o aperta, u).

Proprio al fine di distinguere graficamente le vocali aperte dalle vocali chiuse, per convenzione si usano, rispettivamente, l'accento grave (\) e l'accento acuto (/).

Nel caso della u, non esiste la u aperta, quindi presumo che la tastiera italiana NON contenga questo simbolo perché inutile. Ho imparato a scrivere su una vecchia Olivetti, e il tasto della u correttamente accentata (ù) era già ben presente.

Peraltro mi è capitato più di una volta di leggere libri di autori italiani importanti con gli accenti sbagliati. Ricordo un titolo di Travaglio o di Gomez, dovrei ricontrollare, con una lunghissima trafila di perchè, perchè, perchè... che mi hanno lasciato allibito, facendomi pensare ad un tipografo poco attento alla battitura delle bozze consegnate dall'autore.

Per concludere, credo che nella grafia italiana la ú non esista.

[Modificato alle 2013-05-26 13:56 GMT]

[Modificato alle 2013-05-26 13:58 GMT]


 
Andrea Russo
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Precisazioni May 26, 2013

MRC - Finance wrote:

Nel caso della u, non esiste la u aperta, quindi presumo che la tastiera italiana NON contenga questo simbolo perché inutile. Ho imparato a scrivere su una vecchia Olivetti, e il tasto della u correttamente accentata (ù) era già ben presente.

Peraltro mi è capitato più di una volta di leggere libri di autori italiani importanti con gli accenti sbagliati. Ricordo un titolo di Travaglio o di Gomez, dovrei ricontrollare, con una lunghissima trafila di perchè, perchè, perchè... che mi hanno lasciato allibito, facendomi pensare ad un tipografo poco attento alla battitura delle bozze consegnate dall'autore.

Per concludere, credo che nella grafia italiana la ú non esista.

[Modificato alle 2013-05-26 13:56 GMT]

[Modificato alle 2013-05-26 13:58 GMT]


Rimando al mio intervento precedente per la spiegazione (intervento non ancora approvato mentre scrivo questo).
È vero che non esiste la u aperta: questo semplicemente perché si tratta d'una vocale chiusa per definizione. Quindi l'accento corretto da un punto di vista puramente fonetico sarebbe ú, e non ù! La ú sta ormai scomparendo perché non c'è nelle tastiere, ma non è che non esiste.

Un'altra cosa da ricordare è che prima non si distingueva tra accento aperto e chiuso per le vocali medie (e, o), e si scriveva sempre perchè, ecc. Leopardi scriveva perchè, come si può vedere da qui, però non so di preciso da quando s'è iniziato a differenziare tra vocali aperte e chiuse.


 
Giovanna Alessandra Meloni
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Sul dizionario Treccani May 26, 2013

si trova "più", quindi credo che "piú" non sia la forma corretta, o quanto meno non è ancora riconosciuta.
Ho spulciato anche il sito dell'Accademia della crusca, e anche all'interno di vari articoli e documenti, si trova sempre e solo "più".


 
P.L.F. Persio
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Dipende dalla casa editrice May 26, 2013

Tom in London wrote:

Rileggendo un capitolo di un libro di storia di Renzo De Felice (si tratta di una edizione Einaudi del 1996), osservo che l'Editore usi "piú" al posto di "più". Ad es. "...ad altri livelli piú bassi, rimasero piú che altro delle forme di apprezzamento...."


Diversi anni fa avevo eseguito un lavoro di controllo per Einaudi e avevo notato che scrivevano sia la ú che la í con l'accento acuto. Non so se lo facciano ancora oggi.

(Tu hai il Mac come me, puoi trovare l'accento acuto ´ con alt 8 e quello grave ` con alt 9 sulla tastiera italiana. Se invece premi insieme maiuscolo e alt, trovi ÁÉÍÓÚ.)

Tra l'altro, prendendo spunto dall'intervento di MRC - Finance, ero rimasta piacevolmente sorpresa nel constatare che le migliaia di pagine della Storia d'Italia Einaudi, scritta, corretta e redatta tra il 1960 e '70, quindi quando ancora quasi nessuno lavorava con i computer, a parte gli informatici, e non esistevano controlli ortografici, tranne quello fatto con i propri occhi e cervello, contenevano pochissimi refusi (si contavano letteralmente sulle dita di una mano), sciocchezzuole come dimenticare di chiudere una parentesi o scrivere la virgola al posto del punto.

Einaudi ha ancora oggi fior di redattori, ma forse i correttori di bozze, alla fine, sono spariti anche da lì. Non parliamo poi dei quotidiani italiani, la mia bestia nera...


 
texjax DDS PhD
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Variante? May 26, 2013

Io ho trovato quanto segue, ma ho difficoltà a reperire altri riferimenti che corroborino.


piú
1.(raro) variante ricercata di più

http://it.wiktionary.org/wiki/piú


Buona domenica


 
Andrea Russo
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Articolo May 26, 2013

Giovanna Alessandra Meloni wrote:

si trova "più", quindi credo che "piú" non sia la forma corretta, o quanto meno non è ancora riconosciuta.
Ho spulciato anche il sito dell'Accademia della crusca, e anche all'interno di vari articoli e documenti, si trova sempre e solo "più".


In genere i dizionari usano l'accento grave per la i e per la u, penso per i soliti motivi di "comodità".


Per fugare ogni dubbio, quest'articolo.


 
Marco Oberto
Marco Oberto  Identity Verified
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il grafema ú non esiste nell'alfabeto italiano contemporaneo May 26, 2013

linguandre wrote:

Rimando al mio intervento precedente per la spiegazione (intervento non ancora approvato mentre scrivo questo).
È vero che non esiste la u aperta: questo semplicemente perché si tratta d'una vocale chiusa per definizione. Quindi l'accento corretto da un punto di vista puramente fonetico sarebbe ú, e non ù! La ú sta ormai scomparendo perché non c'è nelle tastiere, ma non è che non esiste.

Un'altra cosa da ricordare è che prima non si distingueva tra accento aperto e chiuso per le vocali medie (e, o), e si scriveva sempre perchè, ecc. Leopardi scriveva perchè, come si può vedere da qui, però non so di preciso da quando s'è iniziato a differenziare tra vocali aperte e chiuse.


Preciso anche il mio intervento: ***nella grafia italiana contemporanea esiste un'unica u***, che viene accentata con l'accento grave.
In fonetica, possono esistere teoricamente dozzine di varianti di u (per esempio in francese c'è la cosiddetta u turbata di menu), quindi non si può affermare che alcune vocali sono per definizione chiuse.

Si può invece dire con certezza che la grafia ú in italiano non esiste. Se consegnassi lavori contenenti ú riceverei probabilmente un'email o una telefonata dal cliente.

Per quanto riguarda il prima (immagino tu ti riferisca al fiorentino medioevale o antecedente) e Leopardi, non mi so pronunciare.


[Modificato alle 2013-05-26 20:40 GMT]


 
anna carbone
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norme redazionali May 27, 2013

missdutch wrote:

Einaudi ha ancora oggi fior di redattori, ma forse i correttori di bozze, alla fine, sono spariti anche da lì. Non parliamo poi dei quotidiani italiani, la mia bestia nera...



MRC - Finance wrote:

Si può invece dire con certezza che la grafia ú in italiano non esiste. Se consegnassi lavori contenenti ú riceverei probabilmente un'email o una telefonata dal cliente.




una precisazione:

in ogni casa editrice esistono precise norme redazionali cui tutti (traduttori, redattori, correttori di bozze) sono tenuti ad attenersi. Le norme redazionali di Einaudi (ma anche quelle di altri editori, per esempio Giano, se non sbaglio, e pure quelle di Mondadori ragazzi sino a qualche anno fa) prevedono l'uso dell'accento acuto su u e i, perciò se errore vi è, non è da imputarsi ai correttori di bozze, e l'email o la telefonata il traduttore la riceverebbe se non avesse usato l'accento secondo le indicazioni della CE.

anna c.


 
Tom in London
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Grazie colleghi May 27, 2013

...eppure vi assicuro che l'intero volume di De Felice usa il grafema ú. Il libro è una ristampa della prima edizione del 1974, cioè ben prima del 1990 quando la Einaudi è caduta in mani non "sicure".

 
Andrea Russo
Andrea Russo
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Perché "eppure"?! May 27, 2013

Non c'è niente di strano: anch'io ho libri Einaudi che usano questo sistema accentuativo. E non è la sola casa editrice.
Ripeto per l'ennesima volta che sono accettabili entrambi i modi. Quindi non sorprendiamoci se troviamo l'accento acuto su queste due vocali.


 
Françoise Vogel
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MDCXLV May 27, 2013

Per quanto possa valere, possiedo una copia anastatica del "Ritratto di Roma moderna" del 1645 ... dove leggo "più".

 
Angie Garbarino
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Sì esatto May 27, 2013

MRC - Finance wrote:


Si può invece dire con certezza che la grafia ú in italiano non esiste. Se consegnassi lavori contenenti ú riceverei probabilmente un'email o una telefonata dal cliente.


 
texjax DDS PhD
texjax DDS PhD  Identity Verified
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No, non è esattamente così May 27, 2013

MRC - Finance wrote:


Si può invece dire con certezza che la grafia ú in italiano non esiste.


Angie Garbarino wrote:

Sì esatto


Il fatto che esista un sistema prevalente non significa la forma alternativa sia sbagliata o che addirittura non esiste.

Di seguito alcuni brani in cui la questione viene trattata in modo meno semplicistico.


Consiglio di leggere questo scritto molto interessante di Paolo Matteucci
Accento grafico su i e u: grave o acuto?
http://www.achyra.org/matteucci/files/iu.pdf

e ancora

"Lei dimostra d’ignorare le piú elementari nozioni di storia dell’ortografia: nei testi antichi sette-ottocenteschi s’imbatterà solo in accenti gravi, che, indipendentemente dal fonema, erano gli unici impiegati sugli ossitoni; l’accento acuto —mutuato dal francese— fu introdotto per necessità diacritiche e lessicografiche dalla Crusca per disambiguare le coppie unidivergenti, posto sulle vocali chiuse (quindi limitatamente a [e] ~ [E] e [o] ~ [O]; e.g. «pésca» e «pèsca», «cólto» e «còlto»).

Tuttavia, le vocali «i» e «u», come peraltro ricordato nel saggio di Paolo Matteucci, sono naturaliter chiuse; pertanto una logica ferrea vorrebbe che queste, quando accentate, presentassero l’accento acuto e non grave (proprio piuttosto delle vocali aperte), come argomentato da linguisti, lessicografi e fonetisti.

La scelta ultima dell’accento grave per le vocali in oggetto dipende da un eccesso di «riverenza» per la tradizione ortografica, che, come ho ricordato, prevedeva solo questo tipo di accento (anche su [e] e [o]; si veda un qualsiasi testo leopardiano: fioccheranno i «perchè»).

L’uso dell’acuto su i, in particolare, comporta un vantaggio tipografico: la legatura «f»-«i» si rende necessaria per evitare l’inestetica «collisione» del puntino della i e della barra orizzontale della f; l’accento grave, ovviamente, implica automaticamente lo scontro; non cosí l’acuto, che «fugge» verso l’esterno (e.g. «scalfí»).

Infine, tacendo —pur malvolentieri— sulle competenze linguistiche di Paolo Matteucci, vorrei ricordare che tra gli autori citati compaiono linguisti del calibro di Luca Serianni e fonetisti del calibro di Luciano Canepàri."
http://www.guitex.org/home/index.php?option=com_kunena&func=view&catid=12&id=46535&Itemid=71&lang=it

e anche:

Sempre meno usate in italiano sono la -í e la -ú con accento acuto, benché sarebbero più coerenti con la fonetica delle vocali chiuse /i/ e /u/: il fatto che le tastiere italiane abbiano solo -ì e -ù con l’accento grave ha contribuito alla loro sparizione, nonostante alcuni editori le mantengano nelle loro pubblicazioni
http://nonquidsedquomodo.altervista.org/dizionarietto/temi-tesine/14-accento-grafico


Quanto segue, Tom, risponde esattamente alla tua domanda


In verità [...] esistono, nel campo della produzione libraria, case editrici che preferiscono un sistema accentuativo che prevede l'accento acuto per tutte le vocali chiuse (í é ú ó) e l'accento grave per tutte le aperte (à è ò). Einaudi, per esempio, accoglie tale sistema (anche se refusi o oscillazioni sono umanamente possibili, pur se rischiano di creare dubbi o sconcerto negli specialisti e nei lettori attenti): già nel 1999, rieditando Due di due, romanzo di Andrea De Carlo, la casa editrice torinese si atteneva alle norme per ultimo descritte. Mondadori e Guanda (per fare un paio di esempi), ancora nei recenti Come Dio comanda di Niccolò Ammaniti e Storia naturale dei giganti di Ermanno Cavazzoni (opere pubblicate la prima nel 2006 e la seconda nel 2007), seguono il sistema tradizionale, consigliato da Serianni, da noi accettato e ancora prevalente.
http://www.treccani.it/magazine/lingua_italiana/domande_e_risposte/grammatica/grammatica_067.html


La tendenza ad impiegare gli accenti acuto e grave per distinguere suoni chiusi o aperti è confermata da Malagòli, che la rileverà principalmente in ordine all'applicazione del quarto sistema di accenti illustrato sopra, del quale è convinto sostenitore.


Va sempre piú diffondendosi l'uso molto ragionevole e comodo di segnare, anche in questo caso, coll'accento acuto e chiusa, e i, u: perché, partí, piú: e coll'accento grave e aperta, e o, che in fine dei polisillabi tronchi non è mai chiuso (cfr. n. 44, 7): caffè, parlerò, studierò ('). Quanto ad a, vocale neutra, è da preferirsi l'accento acuto, che è il segno proprio della vocale tonica.

Giuseppe Malagòli, Ortoepia e ortografia italiana moderna, II ed., Milano, Ulrico Hoepli, 1912:111-112
http://www.sigmastudio.it/stile/trattamento-del-testo/uso-accento-grave-e-accento-acuto-negli-stampati.html


http://forum.accademiadellacrusca.it/phpBB2/viewtopic.php?p=9945&sid=9527fe1cb7a5c59a90fba6b247b9e6f4


 
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