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Differenze nella formazione universitaria nella CE
Thread poster: Joris Bogaert
Sonia Hill
Sonia Hill
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University di Salford Sep 5, 2006

Ciao Elena, quello che hai detto va ad appoggiare quello che ho detto sul fatto delle universita nuove (quelle che prima non erano universita). L'universita di Salford e' solo stata un'universita dal 1996 (prima era un altro tipo di istituto) e si trova al 65esimo posto nell'elenco delle buone universita del Times. Quello che vorrei dire e' che una laurea da un'universita del genere non e' considerata come una laurea da un'universita nei "top 40"... See more
Ciao Elena, quello che hai detto va ad appoggiare quello che ho detto sul fatto delle universita nuove (quelle che prima non erano universita). L'universita di Salford e' solo stata un'universita dal 1996 (prima era un altro tipo di istituto) e si trova al 65esimo posto nell'elenco delle buone universita del Times. Quello che vorrei dire e' che una laurea da un'universita del genere non e' considerata come una laurea da un'universita nei "top 40" http://www.timesonline.co.uk/section/0,,716,00.html
Voglio solo dire che, anche se probabilmente hai capito bene come erano le cose a questa particolare universita, non bisogna pensare che tutti i corsi inglesi sono cosi. Ti posso assicurare che non e' cosi e che serve molto, ma molto di piu della semplice presenza per ottenere la laurea da Oxford, Cambridge, Imperial, UCL, ecc. Mi dispiacerebbe se giudicassi il sistema inglese solo sulla base della tua esperienza a quest'universita'.
Alla fine ogni sistema ha i suoi meriti e svantaggi. Non conosco quello tedesco ma sembra buono da quello che dite.
Sonia
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Angela Arnone
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Osservazione molto superficiale Sep 6, 2006

Non me la sarei aspettata da te!

Nelle università inglesi non si danno lauree per la presenza - si danno lauree sulla base di risultati di esami scritti e anche molto esaurienti. Non importa chi sei o se sei bello o brutto o quant'altro. Importa ciò che scrivi in bianco e nero. L'obbligo della frequenza è semplicemente un altro indice di serietà e più che altro ha a che fare con i finanziamenti e le borse di studio. I professori si presentano alle lezioni (cosa che non sempre
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Non me la sarei aspettata da te!

Nelle università inglesi non si danno lauree per la presenza - si danno lauree sulla base di risultati di esami scritti e anche molto esaurienti. Non importa chi sei o se sei bello o brutto o quant'altro. Importa ciò che scrivi in bianco e nero. L'obbligo della frequenza è semplicemente un altro indice di serietà e più che altro ha a che fare con i finanziamenti e le borse di studio. I professori si presentano alle lezioni (cosa che non sempre si trova in Italia, mi pare) e conoscono i loro studenti proprio perché frequentano. Uno che non si è mai fatto vedere, quale diritto ha di dare l'esame e continuare a "rubare" il posto ad un altro. Non dimenticare che tutti i corsi inglesi sono a numero chiuso. Tutti.

Facendo il tuo stesso ragionamento mi potrei permettere di dire che conosco belle ragazze che prendono 30 negli esami universitari italiani, perchè sono carine e si presentano con la minigonna. Oppure studenti che vanno avanti perché hanno genitori che sono amici dei professori. Non mi sono permessa. Perché sono (spero) situazioni limite e non contraddistinguono la maggior parte delle situazioni.

Nessun sistema è perfetto. In Italia si potrebbe acquisire molto dai famigerati paesi nordici. Ma anche loro dall'Italia. La speranza è sempre l'ultima a morire....

Angela

Elena Bellucci wrote:

... Tanto per fare un esempio cattivo ;p noi italiani chiamavamo il sistema inglese "laurea a punti" perché la prendi con la tessera fedeltà come nelle raccolte punti dei supermercati, bastava la presenza fisica in classe.

In realtà ho sempre considerato il modello tedesco il "giusto mezzo", anche perché (almeno fino a qualche anno fa) poneva dei sani paletti di merito per evitare l'effetto "produzione di laureati in serie" ma dava anche notevole assistenza agli studenti con prestiti d'onore a altri servizi simili che sono secondo me la vera grande lacuna delle nostre università, insieme alle strutture spesso insufficienti.



[Edited at 2006-09-05 07:24]


[Edited at 2006-09-06 10:41]
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Angela Arnone
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Grazie di aver chiarito, Joris Sep 6, 2006

Apprezzo molto questa spiegazione e sono contenta di vedere che, in realtà, siamo sullo stesso binario ... anche se sono della generazione di tua madre!
Purtroppo, le cose che sento delle università in Italia non mi ispirano e sono piuttosto demoralizzata (per ciò l'invito a mio figlio di dirigersi oltre oceano) da quello che mi raccontano.
La tua esperienza mi da speranza e ti auguro davvero di continuare il tuo percorso nei migliori dei modi.
Angela

Joris Bogaert wrote:

Certo, non intendevo dire che mi auguro che l’università rimanga un luogo ‘per pochi’, io mi riferivo alle riforme che contribuiscono alla degenerazione della QUALITA' dell’istruzione… (le nuove lauree ‘Mickey Mouse’ ne sono un segno evidente) e non certo all’istruzione in generale. Inoltre, non conoscendo il sistema inglese, mi riferivo alla mia esperienza personale in Belgio e in Italia, appunto. Chiedo scusa per aver dato una risposta ambigua e maldestra, ma insisto nel voler precisare che il mio intervento non è mirato alla condanna dell’estendersi della formazione accademica in termini numerici (cosa che è un bene, capiamoci bene), bensì in termini di qualità… e infatti ho parlato della mia esperienza personale, mettendo a confronto diversi sistemi in questo senso. Non volevo estendere il discorso in questo senso... credo che sia ovvio che siamo tutti per il progresso dell'istruzione in generale. Forse ci siamo confusi nel parlare di formazione vs. titoli universitari, come dici tu, e magari lì mi sono spiegato male.

Grazie per i vostri contributi...


p.s: Che io sappia l'accesso alla SNS di Pisa NON è esclusivamente riservata agli studenti iscritti all'università di Pisa.... Vedi anche: http://www.sns.it/it/scuola/ammissione/


 
Elena Bellucci
Elena Bellucci
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mi spiego meglio Sep 6, 2006

Mi sa che le faccine che ho messo non sono state colte!
L'ho detto che facevo l'esempio più cattivo. ^__^;;;;


L'ho fatto per dire che uffa, basta mitizzare i sistemi degli altri e buttare alle ortiche quanto abbiamo di buono perché l'erba del vicino è sempre più verde. Non è sempre vero.

X Angela: (che adesso mi tira dietro il dizionario ;P)
Mi spiace che tu mi abbia preso un po' troppo sul serio ma purtroppo, che determinati corsi venivano pass
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Mi sa che le faccine che ho messo non sono state colte!
L'ho detto che facevo l'esempio più cattivo. ^__^;;;;


L'ho fatto per dire che uffa, basta mitizzare i sistemi degli altri e buttare alle ortiche quanto abbiamo di buono perché l'erba del vicino è sempre più verde. Non è sempre vero.

X Angela: (che adesso mi tira dietro il dizionario ;P)
Mi spiace che tu mi abbia preso un po' troppo sul serio ma purtroppo, che determinati corsi venivano passati con i crediti della presenza non me lo sono inventato. E ti dirò che c'ero rimasta anche piuttosto male, visto che pensavo che in anno all'estero avrei cambiato in meglio e invece.. ciccia!
Non è la stessa cosa rispetto ad un 30 preso arrufinandosi il professore, perché quello non è previsto dal piano di studi.

Può darsi che come dice Sonia io abbia beccato il caso più nefasto e una università alla buona che ha bisogno di far uscire laureati. Tra l'altro ho il sospetto che siamo in due ad avere avuto la stessa esperienza negativa. AChiara tu dove eri a Manchester?
/me curiosa ^__^



Nessun sistema è perfetto. In Italia si potrebbe acquisire molto dai famigerati paesi nordici. Ma anche loro dall'Italia. La speranza è sempre l'ultima a morire....


su questo credo siamo tutti d'accordo. Però una cosa che mi ha sempre dato fastidio è la tendenza a non riconoscere mai che anche da noi c' qualcosa che varrebbe la pena mantenere.

[Edited at 2006-09-06 14:11]
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smarinella
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che intendi per 'giusto mezzo' in Germania? Sep 7, 2006

Per quanto riguarda la mancanza di esami e il limitarsi a collezionare gli attestati di frequenza (Scheine) per arrivare alla cosiddetta laurea avendo fatto 1 solo, ripeto 1 solo esame, insisto sul mio giudizio negativo (ho lavorato 6 anni ad Hannover).

Come sulla grande ignoranza degli insegnanti delle scuole secondarie: da noi, per insegnare matematica devi aver studiato matematica all'Univ., per insegnare fisica, fisica ecc.

In Germania no: gli insegnanti si forma
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Per quanto riguarda la mancanza di esami e il limitarsi a collezionare gli attestati di frequenza (Scheine) per arrivare alla cosiddetta laurea avendo fatto 1 solo, ripeto 1 solo esame, insisto sul mio giudizio negativo (ho lavorato 6 anni ad Hannover).

Come sulla grande ignoranza degli insegnanti delle scuole secondarie: da noi, per insegnare matematica devi aver studiato matematica all'Univ., per insegnare fisica, fisica ecc.

In Germania no: gli insegnanti si formano alle Pedagogische Hochschulen dove dei contenuti delle singole materie si fa poco (pochissimo, ad esser sinceri) perché si studia essenzialmente didattica, così può avvenire, come è successo a me, che la collega di inglese del liceo bilingue di michieda: «Scusa, non mi ricordo, Roma è stata fondata prima o dopo Cristo?».

Beh, anche gli insegnanti inglesi sembra che non siano un gran che: quelli di geografia, secondo un rapporto dell'UE, non conoscono le capitali europee..

Anche sul prestito d'onore avrei molte cose da dire: se la famiglia ha appena appena qualche soldino, non se ne parla. Alcuni miei studenti passavano tempo ed energie a mantenersi e a far causa ai genitori che non volevano pagare - come i genitori (spesso divorziati) a far causa ai figli che volevano farsi mantenere. Beh, certo non capita a tutti, ma ogni sistema comporta abusi e ripercussioni negative.

In Norvegia, ad es. chi termina gli studi in tempo e con buone votazioni non è tenuto a ridare i soldi del prestito allo stato, chi termina con risultati modesti, gli ridà la metà e chi interrompe gli studi il 100%. Questo significa educare.

Immaginate il prestito d'onore in Italia? E chi lo può ripagare con la situazione del mercato del lavoro?

Mi spiace un po' che gli interventi abbiano riguardato soprattutto l'Inghilterra e non ad es. altri grandi Paesi quali la Francia - sulla Germania ho detto qualcosa proprio perché nessuno era intervenuto..
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Anna Lanave
Anna Lanave  Identity Verified
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Molti cambiamenti Sep 17, 2006

Ci sono stati molti cambiamenti negli ultimi anni nel sistema universitario italiano. Ma ho l'impressione che si tratti di burocrazia, di forma. Solo per ottenere il famoso adeguamento agli standard europei.
Purtroppo non credo che tali cambiamenti abbiano modificato la sostanza.

Io credo che l'università oggi debba essere strettamente legata al mercato del lavoro senza diventarne schiava, perché
a) purtroppo non si vive di aria,
b) uno dei modi migliori per ci
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Ci sono stati molti cambiamenti negli ultimi anni nel sistema universitario italiano. Ma ho l'impressione che si tratti di burocrazia, di forma. Solo per ottenere il famoso adeguamento agli standard europei.
Purtroppo non credo che tali cambiamenti abbiano modificato la sostanza.

Io credo che l'università oggi debba essere strettamente legata al mercato del lavoro senza diventarne schiava, perché
a) purtroppo non si vive di aria,
b) uno dei modi migliori per circoscrivere il problema della disoccupazione è soddisfare la domanda.

Se ci fosse una maggiore sinergia tra università e aziende, enti pubblici e organizzazioni, in base alla domanda, si potrebbe cercare di orientare i giovani verso mestieri o carriere che potrebbero garantire la loro integrazione completa.
Vale quindi un discorso di selezione, ma non del tipo élitario, quanto del tipo meritocratico. Non tutti possono essere avvocati, medici, ingegneri, direttori di banca. Qualcuno deve pur fare l'usciere, l'infermiere, l'operaio o l'impiegato. Di conseguenza acquista fondamentale importanza l'orientamento pre-universitario: i ragazzi alle scuole medie superiori sono parecchio lasciati a se stessi o, peggio, alle fissazioni delle famiglie. Aiutare i ragazzi a capire quello che gli piace e che li stimola concretamente oltre che intellettualmente. Aiutarli a capire che chi è interessato al lavoro del meccanico non è inferiore o votato all'ignoranza, ma sta facendo una scelta consapevole in base alla propria preferenza. Aiutarli a capire che la dignità del lavoratore sta nel modo in cui si lavora e non nel tipo di lavoro che si fa.
Questa è una grossa pecca culturale, o meglio di mentalità, che abbiamo noi italiani. Dove un meccanico non è socialmente equiparabile a un ingegnere.
Insomma aiutare i ragazzi a scoprire i loro talenti, a farli crescere e rendere e soprattutto a esserne fieri. Anche questo è educare.

Con una tale diversificazione (anche in funzione della domanda del mercato del lavoro) non ci sarebbe il surplus di medici, avvocati e insegnanti dal quale oggi siamo afflitti in alcune regioni italiane, ma ci sarebbero più infermieri e operai specializzati per coprire il deficit di altre. E... intendiamoci, infermieri professionali e operai specializzati non se la passano male rispetto ad altre categorie.

Dico che l'università non deve diventare schiava del mercato del lavoro perché credo fermamente nell'importanza di una cultura generale di base, più o meno approfondita, che sia garantita a tutti. Certo un meccanico le teorie quantistiche non è tenuto a saperle, ma dove si trova l'Indonesia sì. Nella vita c'è sempre tempo per imparare, ma il tempo migliore è la giovinezza, quando siamo freschi e curiosi. Ed è quindi importante che l'università sia supportata in questo compito dalla scuola dell'obbligo e dalle medie superiori.

Riguardo alla metodologia dell'insegnamento, be'... da questo punto di vista ci sono delle voragini ancora più profonde, dei buchi neri immani. Nella mia esperienza universitaria, e non solo, questo è l'aspetto più deludente.
Professoroni che non erano in grado di confrontarsi in modo costruttivo con i propri studenti, docenti incapaci di stimolare i propri studenti perché incapaci di entusiasmare se stessi.
Insomma, situazioni tristi in cui mi sono chiesta ma cosa ci facciamo tutti qui, i pagliacci?
Per questo ben vengano corsi di pedagogia per coloro che intendono diventare insegnanti perché oltre a far bella figura in cattedra, c'è un compito molto più importante da eseguire e cioè trasmettere la conoscenza e, si spera, farlo bene.
Quindi sarebbe auspicabile partire da una più attenta selezione del corpo insegnanti, a tutti i livelli, pittosto che dal chiedersi chi ha diritto di andare all'università e chi no. Sono loro i primi ad intervenire nella formazione dell'adulto.

Per finire, se il confronto con le realtà nordiche, notoriamente dotate di maggiore senso pratico, può essere utile per arricchire il sistema italiano in modo da farci capire come organizzare meglio quel potenziale teorico che sappiamo di avere e soprattutto come farlo "rendere", allora ben venga il confronto.

Perdonate la lunghezza del post.

[Edited at 2006-09-17 22:03]
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Joris Bogaert
Joris Bogaert  Identity Verified
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Grazie a tutti! Sep 18, 2006

Anna Lanave wrote:

Non tutti possono essere avvocati, medici, ingegneri, direttori di banca. Qualcuno deve pur fare l'usciere, l'infermiere, l'operaio o l'impiegato. Di conseguenza acquista fondamentale importanza l'orientamento pre-universitario: i ragazzi alle scuole medie superiori sono parecchio lasciati a se stessi o, peggio, alle fissazioni delle famiglie. Aiutare i ragazzi a capire quello che gli piace e che li stimola concretamente oltre che intellettualmente. Aiutarli a capire che chi è interessato al lavoro del meccanico non è inferiore o votato all'ignoranza, ma sta facendo una scelta consapevole in base alla propria preferenza. Aiutarli a capire che la dignità del lavoratore sta nel modo in cui si lavora e non nel tipo di lavoro che si fa.
Questa è una grossa pecca culturale, o meglio di mentalità, che abbiamo noi italiani. Dove un meccanico non è socialmente equiparabile a un ingegnere.


[Edited at 2006-09-17 22:03]


Concordo al 100% con le riflessioni di Anna. La dignità di un lavoro (come neanche quella dell’individuo) non si misura con i titoli accademici, bensì con le modalità con la quale essa viene eseguita, la serietà, l'impegno, l’intelligenza, l'anima... Sono da ammirare quelle persone che sarebbero capaci di far innamorare tutti (o comunque tante persone) del loro umile mestiere che altrimenti non si sarebbero mai sognati di fare. Non c'è esame universitario che possa valutare tale qualità.

Vi ringrazio tutti per i vostri contributi. Ho letto con grande interesse tutti i ‘post’, scorgendo esperienze molto variegati, riflessioni sagaci e divergenze su alcuni punti. Il mio voleva essere un contributi 'relativistico', nel senso che mettendo a confronto i diversi sistemi universitari nella CE (tenendo anche conto delle differenze fra le università nella stessa nazione, e addirittura delle differenze fra le diverse facoltà della stessa università) si arrivava ad un specie di “relativismo culturale”. Sarà per il fastidio che provo nei confronti degli stereotipi con i quali ho sempre dovuto fare i conti nei paesi dove ho vissuto: Belgio, Lussemburgo, Francia e Italia... ma sono convinto anch’io che –una volta superato tali stereotipi- da un confronto possa anche nascere un arricchimento culturale basato sulla diversità dei sistemi, e non solo per l'Italia.

Grazie!


 
Niriia
Niriia
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prima o poi ne avrai bisogno e pregherai che sia laureato Oct 18, 2014

lanave wrote:

Non tutti possono essere avvocati, medici, ingegneri, direttori di banca. Qualcuno deve pur fare l'usciere, l'infermiere, l'operaio o l'impiegato.

[Edited at 2006-09-17 22:03]


ma che ci fa l'infermiere nel secondo gruppo??!

e certo, qualcuno deve pur fare il traduttore, l'operatore ecologico, la signora delle pulizie, o la badante!!!


 
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