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"di solito si lascia" - filippica a difesa della nostra lingua
Thread poster: Riccardo Schiaffino
Riccardo Schiaffino
Riccardo Schiaffino  Identity Verified
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Aug 30, 2007

Noto un po' troppo spesso, nelle risposte date a richieste d'aiuto terminologiche, "di solito si lascia", "lascerei in inglese", e simili.

La stessa tendenza la noto frequentemente in traduzioni che mi arrivano da rivedere.

Ora, io non sono tra quelli che vogliono combattere battaglie ormai perse da tempo contro termini che sono stati ormai accettati nella nostra lingua. Mi va benissimo "file", per intenderci, come del resto anche "server" o altri termini,
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Noto un po' troppo spesso, nelle risposte date a richieste d'aiuto terminologiche, "di solito si lascia", "lascerei in inglese", e simili.

La stessa tendenza la noto frequentemente in traduzioni che mi arrivano da rivedere.

Ora, io non sono tra quelli che vogliono combattere battaglie ormai perse da tempo contro termini che sono stati ormai accettati nella nostra lingua. Mi va benissimo "file", per intenderci, come del resto anche "server" o altri termini, in ambito informatico o in altri settori, cui l'uso ha ormai permesso, volenti o nolenti, di entrare nella nostra lingua.

A volte, però, anzi, diciamolo pure, spesso, nuovi termini sono suggeriti quando non si sono ancora per niente affermati e, anzi, quando ci sono termini italiani non solo accettabili, ma diffusi.

Non basta cercare con Google, determinare che qualche sito (magari improvvisato) usa una certa parola e passarla per buona, o chiedere a conoscenti (che magari hanno studiato l'argomento solo su libri inglesi), sentirsi dire che "si usa così", e passarla per buona.

Questo non è un attacco contro nessuno, e non voglio quindi dare esempi tratti da risposte recenti o meno. Si tratta solo di un invito a non contribuire, se possibile, al crescente imbarbarimento della nostra lingua.

Consiglierei, al riguardo, la lettura di un ottimo libro abbastanza recente, mirato proprio a questo argomento: Inglese - Italiano 1 a 1, Tradurre o non tradurre le parole inglesi?, di Claudio Giovanardi e Riccardo Gualdo (con la collaborazione di Alessandra Coco) - Manni, Lecce, 2003, e anche di La povera (neo)lingua italiana, di Fabio Nardini, Malatempora, Roma, 2000.
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Margherita Romagnoli
Margherita Romagnoli  Identity Verified
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sono d'accordissimo Aug 30, 2007

Sarà un caso, ma ho appena espresso il mio disaccordo su una risposta kudoz che conteneva un'espressione inglese facilmente traducibile in italiano.

Io faccio parte del SIA (Salviamo l'Italiano dagli Anglicismi)... purtroppo per ora sono il solo membro... eheheheheh
Aspetto candidature!!


 
Elisa Comito
Elisa Comito  Identity Verified
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Perfettamente d'accordo Aug 30, 2007

Abbiamo una lingua bellissima, cerchiamo di esserne orgogliosi!

 
Sara Pisano
Sara Pisano  Identity Verified
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Assolutamente d'accordo! Aug 30, 2007

Personalmente, detesto lasciare i termini in inglese e a volte proprio per questo pecco al contrario, cercando a tutti i costi di tradurre anche ciò che, magari, è davvero più noto nella variante inglese. Questo perché l'impressione che mi dà un testo ricco di termini non tradotti è di un testo innanzitutto poco scorrevole, oltre che di un testo per il quale il traduttore non si è preso troppo la briga di svolgere le dovute ricerche terminologiche. Magari non è assolutamente così, ma è... See more
Personalmente, detesto lasciare i termini in inglese e a volte proprio per questo pecco al contrario, cercando a tutti i costi di tradurre anche ciò che, magari, è davvero più noto nella variante inglese. Questo perché l'impressione che mi dà un testo ricco di termini non tradotti è di un testo innanzitutto poco scorrevole, oltre che di un testo per il quale il traduttore non si è preso troppo la briga di svolgere le dovute ricerche terminologiche. Magari non è assolutamente così, ma è un'opinione sottesa e quasi inconscia che si crea e anche col dovuto ragionamento non va via.

Sebbene io non sia del tutto d'accordo con quegli studi terminologici che si propongono di creare e "imporre" meri elenchi di traducenti da utilizzare, perché l'uso la fa sempre da padrone, è vero tuttavia anche il contrario, e cioè che, come dici giustamente tu, anche noi traduttori possiamo contribuire all'uso, e che con i testi che ricreiamo possiamo incidere, in misura maggiore o minore, su una tendenza.

Leggerò sicuramente i testi che hai segnalato, mi sembrano estremamente interessanti.

Il mio piccolo contributo a sostegno della tua filippica,

Sara
[Modificato alle 2007-08-30 07:51]

[Modificato alle 2007-08-30 07:51]
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Marie-Hélène Hayles
Marie-Hélène Hayles  Identity Verified
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D'accordo anch'io Aug 30, 2007

Certo non mi riguarda personalmente! Ma mi da fastidio sentire, per esempio, di un "killer" sul TG - ma c'è qualcosa che non va con "assassino"?

Mi sembra che ormai viene considerato trendy (ecco un'altra!) di usare le parole inglesi invece di quelle italiane. Però a me suona male - le due lingue hanno cadenze diverse, e come dice giustamente Sara il risulto è un testo poco scorrevole che perde il suo ritmo.


 
Giulia TAPPI
Giulia TAPPI  Identity Verified
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Perfettamente d'accordo, ma... Aug 30, 2007

In linea di massima, anch'io trovo ridicolo, ad esempio, non uasre la parola verbale, ma dire "report" e altre cose di questo genere.
Vorrei però fare due osservazioni:
- Vivo in Francia, dove i Francesi cercano di tradurre tutto, con conseguenze a volte assurde: se dovessi tradurre (non lo faccio) un testo di informatica, dovrei prima ritrovare il termine inglese alla base di quello tradotto in francese, per poi inserirlo nel testo italiano. Quindi dovrei tradurre dal francese all'
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In linea di massima, anch'io trovo ridicolo, ad esempio, non uasre la parola verbale, ma dire "report" e altre cose di questo genere.
Vorrei però fare due osservazioni:
- Vivo in Francia, dove i Francesi cercano di tradurre tutto, con conseguenze a volte assurde: se dovessi tradurre (non lo faccio) un testo di informatica, dovrei prima ritrovare il termine inglese alla base di quello tradotto in francese, per poi inserirlo nel testo italiano. Quindi dovrei tradurre dal francese all'inglese, e questo perché i Francesi sono l'unico popolo al mondo che ha rifiutato la terminologia informatica standardizzata.
- Mi è capitato di leggere presentazioni di aziende italiane, in cui una parola su due è inglese. E anche che la mia traduzione dal francese all'italiano sia stata "corretta" dal cliente (il Comune di Roma) cambiando alcuni termini italiani da me inseriti con quelli inglesi. Quindi a volte ho l'impressione che la mia traduzione, pur impeccabile, suoni poi strana in Italia, dato che ormai tutti, banche, aziende, enti pubblici, usano questo gergo italo-inglese.
Con questo non giustifico affatto la tendenza, dico solo che poi le traduzioni sono rimaneggiate in questo senso da giornalisti e altri addetti alle "PR" (o dovremmo dire pubbliche relazioni???).
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Giovanni Guarnieri MITI, MIL
Giovanni Guarnieri MITI, MIL  Identity Verified
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d'accordo... Aug 30, 2007

ma non dimentichiamo che il 'monopolio' della lingua italiana è ormai nelle mani dei media (soprattutto i giornalisti) e non vedo cosa possa cambiare un simile approccio. Chi li educa i giornalisti? Poi, va bene tradurre, ma se il testo è diretto a un certo settore, inflazionato di anglicismi, mi sembra controproducente fornire una traduzione che non ne rispecchi lo stile. Si passerà per incompetenti. Triste realtà. E poi cosa ti aspetti da una nazione il cui governo ha chiamato uno dei suoi... See more
ma non dimentichiamo che il 'monopolio' della lingua italiana è ormai nelle mani dei media (soprattutto i giornalisti) e non vedo cosa possa cambiare un simile approccio. Chi li educa i giornalisti? Poi, va bene tradurre, ma se il testo è diretto a un certo settore, inflazionato di anglicismi, mi sembra controproducente fornire una traduzione che non ne rispecchi lo stile. Si passerà per incompetenti. Triste realtà. E poi cosa ti aspetti da una nazione il cui governo ha chiamato uno dei suoi ministeri "Welfare"?

[Edited at 2007-08-30 13:28]
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Arturo Mannino
Arturo Mannino  Identity Verified
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D'accordo Aug 30, 2007

Qualcuno di cui non ricordo il nome ebbe a dire una volta che né il purismo fondamentalista né la supina accettazione di termini stranieri fanno bene alla lingua, e che l'unico atteggiamento sensato sarebbe una sorta di ecologismo linguistico. Di fronte ad un termine straniero, l'ecologista della lingua si pone le seguenti domande:

1) Lo userei perché mi farebbe sentire più figo?
2) Lo userei perché francamente non so o non ricordo come si dice in italiano?
3) Lo us
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Qualcuno di cui non ricordo il nome ebbe a dire una volta che né il purismo fondamentalista né la supina accettazione di termini stranieri fanno bene alla lingua, e che l'unico atteggiamento sensato sarebbe una sorta di ecologismo linguistico. Di fronte ad un termine straniero, l'ecologista della lingua si pone le seguenti domande:

1) Lo userei perché mi farebbe sentire più figo?
2) Lo userei perché francamente non so o non ricordo come si dice in italiano?
3) Lo userei perché così fan tutti da un po' di tempo a questa parte?

Se ha risposto di sì anche ad una sola di queste domande, il nostro ecologista scarta il termine straniero e ricorre al suo corrispondente italiano.

Insomma, credo che le lingue muoiano quando si smette di usarle.
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Riccardo Schiaffino
Riccardo Schiaffino  Identity Verified
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Mi aspetto poco Aug 30, 2007

Giovanni Guarnieri MITI, MIL wrote:

E poi cosa ti aspetti da una nazione il cui governo ha chiamato uno dei suoi ministeri "Welfare"?

[Edited at 2007-08-30 13:28]


Mi aspetto poco, come del resto da un paese che ha sentito il bisogno di importare una parola come "bipartisan" e usarla a casaccio, oppure (è caso di ieri su tutti i giornali), usare una parola inglese ("mobbing") per quello che però, nei paesi anglofoni si chiama "harassment" (quindi non solo esterofili inutilmente, ma anche in modo errato).


 
Gianni Pastore
Gianni Pastore  Identity Verified
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Sei sicuro di questo? Aug 30, 2007

Riccardo Schiaffino wrote:

usare una parola inglese ("mobbing") per quello che però, nei paesi anglofoni si chiama "harassment" (quindi non solo esterofili inutilmente, ma anche in modo errato).


io ho sempre sentito "harassment" associato a "sexual" per quei comportamenti che coinvolgono le molestie sessuali in ambito lavorativo (e non). Non l'ho mai sentito a proposito di prepotenze e comportamenti intimidatori che una persona con un grado di comando alto esercita sui suoi sottoposti.

[Edited at 2007-08-30 14:30]

[Edited at 2007-08-30 14:32]


 
Riccardo Schiaffino
Riccardo Schiaffino  Identity Verified
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Mobbing Aug 30, 2007

"Harassment" non è solo sessuale (anche perché, in caso contrario, quale sarebbe lo scopo di aggiungere "sexual" a "harassment"?)

Nell'azienda dove lavoravo erano piuttosto attenti a prevenire e combattere questo tipo di problemi, e quindi, sia per l'assunzione, sia, in seguito per la promozione a manager, ho dovuto partecipare a corsi specifici, e si parlava soprattutto di "harassment".

A seconda dei comportamenti in questione, poi, si potrebbe anche parlare di "abu
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"Harassment" non è solo sessuale (anche perché, in caso contrario, quale sarebbe lo scopo di aggiungere "sexual" a "harassment"?)

Nell'azienda dove lavoravo erano piuttosto attenti a prevenire e combattere questo tipo di problemi, e quindi, sia per l'assunzione, sia, in seguito per la promozione a manager, ho dovuto partecipare a corsi specifici, e si parlava soprattutto di "harassment".

A seconda dei comportamenti in questione, poi, si potrebbe anche parlare di "abuse", "abusive behavior" o magari di "intimidation".

In inglese, in questi casi, non ho mai sentito parlare di "mobbing", almeno qui negli USA.

Prima di capire di cosa parlavano gli articoli, ieri, mi sono dovuto cercare l'articolo su "mobbing" della Wikipedia italiana:

Con la parola inglese Mobbing si suole indicare una pratica applicata nel mondo del lavoro, consistente in abusi psicologici impartiti ad un lavoratore; può essere tradotta con espressioni come vessazioni, angherie, persecuzione (sul posto di lavoro), o anche ostracizzazione.
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Gianni Pastore
Gianni Pastore  Identity Verified
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Quindi c'è, una differenza Aug 30, 2007

Riccardo Schiaffino wrote:

"Harassment" non è solo sessuale (anche perché, in caso contrario, quale sarebbe lo scopo di aggiungere "sexual" a "harassment"?)

Nell'azienda dove lavoravo erano piuttosto attenti a prevenire e combattere questo tipo di problemi, e quindi, sia per l'assunzione, sia, in seguito per la promozione a manager, ho dovuto partecipare a corsi specifici, e si parlava soprattutto di "harassment".

A seconda dei comportamenti in questione, poi, si potrebbe anche parlare di "abuse", "abusive behavior" o magari di "intimidation".

In inglese, in questi casi, non ho mai sentito parlare di "mobbing", almeno qui negli USA.

Prima di capire di cosa parlavano gli articoli, ieri, mi sono dovuto cercare l'articolo su "mobbing" della Wikipedia italiana:

Con la parola inglese Mobbing si suole indicare una pratica applicata nel mondo del lavoro, consistente in abusi psicologici impartiti ad un lavoratore; può essere tradotta con espressioni come vessazioni, angherie, persecuzione (sul posto di lavoro), o anche ostracizzazione.




Laddove per "harassment" è da intendersi una molestia atta a ottenere in cambio (e controvoglia da parte di chi la subisce) un qualsiasi tipo di favore, per "mobbing" deve intendersi una sorta di vessazione, ossia di comportamento prevaricante che non implica necessariamente una contropartita. Siamo d'accordo su questo?


 
Linda 969
Linda 969
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OT: Mobbing vs harassment Aug 30, 2007

Forse vi interesserà questo:

Moral harassment—translated from the French harcèlement moral and also known as mobbing (in Sweden, Germany, Italy, and elsewhere), victimization (in Sweden), workplace bullying (in the United States and the United Kingdom), and psychological terror or harassment—is a non-status based form of workplace harassment recognized by the laws of several European Union (EU) countries and one of the most rapidly emerging workplace violence complaints.1 Alth
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Forse vi interesserà questo:

Moral harassment—translated from the French harcèlement moral and also known as mobbing (in Sweden, Germany, Italy, and elsewhere), victimization (in Sweden), workplace bullying (in the United States and the United Kingdom), and psychological terror or harassment—is a non-status based form of workplace harassment recognized by the laws of several European Union (EU) countries and one of the most rapidly emerging workplace violence complaints.1 Although [*PG478]there is no internationally accepted definition of moral harassment, it may be understood generally as repeated, non-physical acts of harassment at the workplace, occurring over a significant time period, that have a humiliating effect on the victim.2

http://www.bc.edu/schools/law/lawreviews/meta-elements/journals/bciclr/27_2/10_TXT.htm
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Riccardo Schiaffino
Riccardo Schiaffino  Identity Verified
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Local time: 23:00
Member (2003)
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TOPIC STARTER
Non necessariamente solo questo per "harassment" Aug 30, 2007

Gianni Pastore wrote:

Laddove per "harassment" è da intendersi una molestia atta a ottenere in cambio (e controvoglia da parte di chi la subisce) un qualsiasi tipo di favore, per "mobbing" deve intendersi una sorta di vessazione, ossia di comportamento prevaricante che non implica necessariamente una contropartita. Siamo d'accordo su questo?


Per quanto riguarda harassment, non proprio: ad esempio i legali che ci facevano i corsi di formazione, davano come esempio di "harassment" anche comportamenti che non miravano ad ottenere qualcosa, ma che, in un modo o nell'altro, creavano un ambiente di lavoro "ostile".

Nel caso del "sexual harassment" (molestie sessuali), ciò comprende cose tipo l'avere, anche solo sul proprio schermo, immagini inappropriate.

Tanto per intenderci, un italiano che, negli Stati Uniti, lasciasse sulla scrivania una copia di Panorama potrebbe rischiare grane per aver creato un ambiente di lavoro ostile per le colleghe.


 
Stefano Papaleo
Stefano Papaleo  Identity Verified
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100% agree (hahah!) Aug 31, 2007

Sono d'accordo, traduco per lo più testi tecnici ed informatici, e cerco il più possibile (sempre è un'utopia purtroppo) di utilizzare termini italiani anche se adoro l'inglese. A volte non c'è scelta o l'italiano suona proprio male, ma spesso è vero che ti chiedono di mettere il termine inglese "perché ormai si usa così...." e non solo in informatica, prendete le cariche aziendali.. CEO, CTO e compagnia bella. A volte mi chiedo per quale motivo traduciamo proprio allora... lasciamo il te... See more
Sono d'accordo, traduco per lo più testi tecnici ed informatici, e cerco il più possibile (sempre è un'utopia purtroppo) di utilizzare termini italiani anche se adoro l'inglese. A volte non c'è scelta o l'italiano suona proprio male, ma spesso è vero che ti chiedono di mettere il termine inglese "perché ormai si usa così...." e non solo in informatica, prendete le cariche aziendali.. CEO, CTO e compagnia bella. A volte mi chiedo per quale motivo traduciamo proprio allora... lasciamo il testo in inglese così è figo (scusate... COOL) al 100%, noi mangiamo pane e acqua e loro sono contenti...

Viviamo in un paese dove si usano termini inglesi senza avere la minima idea di che cosa vogliano dire, di come si pronuncino veramente o come succede con mobbing e mille altri casi canniamo alla grande (ai tempi di Fantozzi mica si diceva mobbing!). Siamo pieni di happening, meeting, after hour, policy, ormai anche l'autoradio è diventa car stereo! E per carità non dite chiavetta USB o scheda di memoria ma pen drive e memory card!:)))

Non ha senso arrivare come gli spagnoli a chiamare "raton" il mouse magari, ma non vedo cosa ci sia di male a dire "a basso costo" invece di low cost o direttore vendite o direttore commerciale invece del più blasonato "sales manager". Per favore vieni al BRUNCH nel WEEKEND che dobbiamo vedere il LAYOUT col COPY che è molto COOL e pure TRENDY e si è findanzato con la ACCOUNT e domani partono con un LAST MINUTE (pronunciato MINUT ovviamente!!!)

Poi (Giovanni sono d'accordo al 3000%!!!) se vai in giro x i negozi e chiedi i prodotti (giornali, cd o altro) e li pronunci correttamente la commessa ti guarda come se le avessi bestemmiato tutte le generazioni presenti passate e future... COSA VUOLE SCUSI??? GENTE MONEI PLIS E IL UOL STRIT GIORNAL!

Il vero problema è che ormai non si conosce più nemmeno l'italiano.. avete notato che ormai tutti scrivono "é" per "è" III persona singolare? Per quale oscuro motivo non lo so, anche perché sul computer devi premere 2 tasti per fare la e con l'accento acuto invece del grave... Guardavo il TG regionale l'altro giorno e scopro con orrore che qui a Trieste dove vivo, nell'anniversario di Saba hanno messo una targa in marmo nella via omonima con dei suoi versi scritti con... la É!!!!!
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