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Translation - Italian FORNO METALLURGICO TATARA-FUKI
Il forno Tatara è un forno giapponese che ha consentito sin dai tempi più antichi la produzione dell'acciaio. Questo procedimento esclusivamente giapponese è volto all'estrazione del ferro dalla sabbia ferrosa.
Definizione
Più semplicemente Tatara, è definito anche "Tatara-fuki", "Touhi-fuki", "Rofuki", o in lingua inglese: "Tatara steel making method". E' conosciuto anche come "Tama-tatara-seizou" o "kera-boshi-hou".
Tra le simili definizioni troviamo anche "Tatara-seitetsu" ma questa è una fornace adibita alla raffinazione del materiale estratto. Il significato della parola "Tatara" è riconducibile a "mantice"、ma gli impianti a mantice sono ormai fuori uso, soppiantati da dispositivi di ventilazione elettrici, e non si vedono se non in particolari occasioni come festival o eventi didattici.
Il termine viene talvolta traslitterato con i caratteri giapponesi di "alto" "reggia". In questo caso anzichè il procedimento viene indicata la costruzione argillosa che andrà ad ospitare al suo interno il crogiuolo.
La composizione del crogiuolo.
I mantici pompano aria verso il centro, nascosti e protetti a destra e sinistra dai muri refrattari che circondano la fornace.
Qui di seguito la spiegazione del sistema Tatara posteriore al periodo Heian (794 - 1185).
In questo sistema Tatara, si introduceva carbone di legna direttamente nel crogiuolo di argilla e si accendeva. Poi insufflando l'aria all'interno per mezzo dei mantici si continuava a inserire dall'alto strati alterni di sabbia ferrosa e carbone. Il sistema Tatara è costruito per ottenere alte temperature che permettono la cessione del carbonio da parte del carbone e l'assorbimento nella combustione dell'ossigeno presente nella sabbia.
Il lavoro in se stesso è quasi esclusivamente il porre nella fornace la giusta quantità intervallata di carbone e sabbia, sempre guardando l'aggiustarsi di fiamme e calore. Qui la grande quantità di aria insufflata farà aumentare la temperatura che se dovesse rivelarsi insufficiente potrebbe portare ad un fallimento dell'estrazione, quindi il responsabile deve vigilare e fornire oridini precisi e avveduti.
Raggiunta la temperatura d'esercizio, si lascia trascorrere circa un giorno al cui scadere si controllerà il colore delle fiamme visibili dall’esterno. Se saranno di un bel giallo intenso tendente al dorato (vicino quindi al calor bianco cioè circa1200°C)- si sarà giunti con successo a metà dell'opera. Anche in seguito si continuerà ad aggiungere sabbia e carbone aggiustando costantemente la quantità di aria insufflata. A volte si sceglie di praticare un foro alla base del crogiuolo per permettere alle impurità ("noro", composta in maggior parte da silicio -ndr) di scorrere al di fuori della massa ferrosa. Affinchè la massa ferrosa "kera" possa formarsi all'interno della scoria "noro" si dispone che quest'ultima sgorghi dal canale di scolo non troppo copiosamente.
Quando trascorsi 3 giorni e 3 notti il fuoco va smorzandosi, la fornace di argilla, cotta dalle alte temperature, non sarà riutilizzata e verrà distrutta per per prelevare la il kera dalla cenere.
Colpendo e frantumando la massa ferrosa l'occhio esperto saprà riconoscere le zone acciaiose (tama-hagane, questo sarà inviato direttamente ai mastri spadai come materia prima -ndr) dal resto.
Periodo Yayoi (300a.C.-250d.C.)
Ora passiamo alla spiegazione del sistema Tatara posteriore al periodo Yayoi. Durante il periodo Yayoi il mantice non era stato ancora inventato e la combustione del carbone del procedimento Tatara si attuava tramite correnti naturali d'aria.
La bocca d'ingresso dell'aria veniva ricavata spesso sul fianco di una montagna, controvento. A questa era opposta la bocca della fornace rivestita in polveri di carbone e di silicio nella quale venivano posti a strati intervallati carbone di legno, polvere ferrosa, e talvolta anche legname.
L'accensione si praticava dalla bocca d'ingresso dell'aria, e non appena il fuoco si spegneva e il crogiuolo si raffreddava si poteva raccogliere il pane di kera.
Così si otteneva il materiale grezzo da lavorazione.
Confrontando questo metodo con quello successivo ad aria forzata si denota una minore quantità di aria che comporta una minore temperatura di combustione in fornace. Ciò permette in seguito l'ottenimento di un acciaio più puro ma ha lo svantaggio di richiedere un lungo tempo per una quantità assai scarsa di materiale ricavabile.
Rapporto materie prime - kera
Nelle fornaci posteriori al periodo Heian il ciclo di lavorazione compreso tra la creazione della fornace e il suo abbattimento veniva chiamato "hitoyo" e durante questo lasso di tempo le quantità di carbone di legna e sabbia ferrosa erano ingenti. Qui sotto è mostrato un esempio di materiali necessari per il ciclo di produzione ed è ricavato sui dati di una fornace di grande capienza.
Materie prime
Carbone di legna: 13 t
Sabbia ferrosa: 13 t
Materiale ottenibile
Massa ferrosa complessiva "Kera": 2.8 t
Acciaio "Tamahagane": < 1 t, utilizzato esclusivamente per alto artigianato di forgiatura di spade e armi da taglio.
"Zuku": definito anche come "houchou tetsu" (acciaio per coltelli da cucina), veniva utilizzato per il dorso, il cuore e i lati delle lame delle armi da taglio (composite, le lame giapponesi sono famose per il loro essere costruite da diversi acciai a differente contenuto di carbonio, congiunti tra loro a calor giallo. Questo permette alle armi di avere un filo di acciaio ad alto tenore di carbonio, facilmente temprabile che viene supportato nella sua fragilità da un cuore tenero di acciaio più dolce -ndr), e infine adoperato più semplicemente per la produzione di casalinghi o utensileria varia.
(Il kera è ottenuto dalla combustione tra ossigeno e carbone, non viene adoperato coke. Perciò può presentare tenori di carbonio molto bassi che lo classificano come acciaio grezzo piuttosto che come ghisa madre. Comunque al variare della dimensione del forno, e quindi al variare delle temperature e della quantità di carbone immessa la percentuale di carbonio può variare sensibilmente-ndr)
Il forno Tatara nel presente
Nella città di Okuizumo-cho (prefettura di Shimane-ken) rimane un famoso forno Tatara. Nel presente questa zona è rimasta l'unica in Giappone a fornire ancora materia prima pura per l'acciaio da spade, il quale viene ottenuto ancora con il metodo tradizionale del Tatara-fuki.
Il restauro fin nei dettagli
Dopo la seconda guerra mondiale, il metodo Tatara-fuki fu superato dal moderno metodo di estrazione in autoclave e cadde in totale disuso. Si è provato a costruire spade con l'acciaio prodotto secondo il processo moderno ad altiforno – forno decarburante, ma la materia prima da questi ricavata questi si è rivelata di qualità inferiore all'acciaio Tamahagane, rendendo quindi molto difficile la costruzione di buone lame.
Con una petizione è stata richiesta e ottenuta la restaurazione del metodo Tatara-fuki, e grazie alla partecipazione della Hitachi Metals Ltd con lo stabilimento di Yasugi-shi (a nord nello Shimane-ken), fino ad oggi è stato possibile continuare anche se in piccole quantità l'estrazione dell'acciaio tamahagane.
Altro
Nonostante l'acciaio ottenuto con metodo Tatara-fuki sia purissimo e di altissima qualità, le parti di kera utilizzabili come tamahagane variano molto di volta in volta, come del resto la percentuale finale di carbonio. Queste oscillazioni della qualità della materia prima fanno si che si debba ridimensionare e ridisegnare di volta in volta il prodotto finito, e ciò rappresenta un ostacolo notevole per gli artigiani giapponesi.
Per questo motivo dal periodo Meiji(1868-1912) in poi sono molti gli spadai che hanno scelto per la propria produzione acciai di importazione (Inghilterra e Svezia ad esempio), che sono di qualità inferiore rispetto al Tamahagane, ma che posseggono una qualità stabile di lotto in lotto garantita. Al termine del secondo conflitto mondiale il Tatara-fuki, che dal lato industriale era stato del tutto abbandonato, fu riscoperto dal maestro Murage sopravvissuto alla guerra (Questa storia è stata anche utilizzata in documentari come , della NHK).
Dal primo periodo Meiji (1868–1912) sino alla metà del periodo Showa (1926–1989), in cui la raffinazione della ghisa da altoforno era ancora poco evoluta, in Giappone ci si basava sul sistema ad altoforno occidentale che se ben costruito portava ad acciai dalla qualità schiacciante. Utilizzando però i minerali ferritici autoctoni che rispetto a quelli della rivale Svezia contengono più impurità si produce qualità mediocre.
Proprio grazie a questo restauro di Tatara-fuki da parte della Hitachi Metals Ltd (confrontando con i metodi estrattivi a bassa temperatura effettuati sino ad allora) si è oggi ottenuto il know-how per avere acciai con alto grado di purezza non dalla eliminazione delle impurità dalla sabbia ferrosa mediante alte temperature, ma tramite l'estrazione diretta da minerale.
Nei testi scolastici il Tatara-fuki ed il Tatara seitetsu (forno decarburante per ghisa) sono spesso confusi, si dice che queste tecnologie siano giunte in giappone dalla Corea e tutto ciò diventa causa di malainterpretazione della intera storia asiatica.
Spicca la forte presa di posizione data da un incomprensione dello Studio Gibli nell'anime . Resta il fatto che nei confronti del recente riscaldamento globale il Tatara-fuki utilizza carbone di legna e non carbon fossile o coke. E’ quindi una biomassa, cioè una fonte di energia rinnovabile. Si può quindi affermare che il forno a procedimento Tatara-fuki sia sulla via giusta mantenere un ruolo importante anche in futuro.
Italian to Japanese: Tomi di ricotta al miele di zagara General field: Other Detailed field: Cooking / Culinary
Source text - Italian TOMI' DI RICOTTA AL MIELE DI ZAGARA
Arance caramellate
2 arance bionde
50g di zucchero di canna Mascobado
50ml di Marsala secco
Tomì (frittelle)
400g ricotta ben scolata di 2 giorni
2 cucchiai zucchero
2 tuorli
80-120g semola di grano duro rimacinata
15g di marmellata di arance o la scorza di mezza arancia
2 l olio di semi di arachide per friggere
Guarnizione
100g di miele di zagara profumato ai fiori di gelsomino3
cannella in polvere
4 stecche di cannella
50g di cioccolato fondente al 70% di cacao
Arance caramellate.
Pelare a vivo le arance con un coltello affilato,tagliarle a rondelle spesse quasi un centimetro ed eliminare eventuali semi. Versare lo zucchero nella padella larga e spremervi sopra il poco succo della polpa che è rimasta attaccata alla buccia delle arance. Rimestare, aggiungere le fette di arancia una accanto all'altra in modo da formare un solo strato e cuocere a fiamma vivace fino a quando lo zucchero comincerà a caramellare. Aggiungere il Marsala per fermare la cottura1 , far roteare la padella per amalgamare il liquido, ritirare dalla fiamma e lasciare riposare nella padella. Riscaldare prima di servire.
Tomì (frittelle).
Mettere la ricotta in una ciotola e lavoraarla con le uova e lo zucchero per un paio di minuti, in modo da ottenere un composto omogeneo. Unire quindi 80g di semola di grano duro rimacinata e la marmellata di arance. Amalgamare bene e, se il composto risultasse troppo molle, aggiungere altra farina. La dose della farina per la preparazione delle frittelle, infatti, è legata al grado di umidità della ricotta. Per evitare di aggiungere troppa farina (che indurirebbe le frittelle) è pertanto consigliabile scegliere una ricotto ben scolata di 2 giorni. Scaldare l'olio di semi di arachide a 170°-180°C e con l'aiuto di 2 cucchiai formare delle quenelle che vanno lasciate cadere nell'olio non eccessivamente caldo2 e fritte rigirandole con una paletta. Appena i tomì risulteranno dorati, estrarli con una schiumarola e depositarli su carta assorbente.
Disporre le arance caramellate e riscaldate sui piatti, aggiungere i tomì e guarnire con il miele al gelsomino3, le stecche di cannella e il cioccolato in scaglie. Spolverizzare con la cannella in polvere, aggiungere eventualmente qualche fiore di gelsomino e servire.
Note
1 Versando il Marsala freddo sulle arance caramellate e ritirando la padella dalla fiamma, si arresta la cottura del caramello
2 Se la temperatura dell'olio si abbassa troppo le frittelle si impregnano eccessivamente di olio. Per evitarlo, non riempire troppo la padella di tomì.
3 Miele al gelsomino
Per preparare in casa il miele al profumo di gelsomino, comprare una piantina di gelsomino e a giugno, la sera che sbocciano i fiorni, raccoglierli e metterne una manciatina in un vasetto di miele di fiori d'arancio. Riporre in frigo. A ottobre filtrare il miele eliminando i fiori. Conservare in frigo.
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