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Eravamo disposti a morire, se necessario, ma capivamo che Dio si sarebbe servito delle nostre vite e non della morte per raggiungerli. Qualunque scontro si fosse verificato nel corso di un primo incontro avrebbe certamente segnato in modo negativo il rapporto tra le due società che stava per avere inizio. Era necessaria molta cautela perché tutto andasse a finire davvero bene. Dopo alcune ore di cammino attraverso l’immensa selva, trovammo un accampamento abbandonato di recente… È impossibile descrivere l’emozione di quel momento: era come se ci fossimo trovati faccia a faccia con il popolo per cui stava giungendo la buona novella della salvezza. Con gli occhi dello spirito prefiguravamo il momento in cui gli avremmo insegnato il Vangelo di Gesù Cristo e questo era ciò che più desideravamo. Tutta la fatica di quei nove mesi di viaggi per fiumi e foreste e di lontananza dai familiari stava per essere coronata dalla prima vittoria che a poco a poco andavamo conquistando. Seguendo il normale procedimento che richiede una spedizione di contatto, lasciammo sul posto alcuni doni (machete, specchi, ecc.) per dimostrare che avevamo intenzioni pacifiche e proponevamo la nostra amicizia ai locali. Dopodiché, facemmo ritorno al nostro accampamento e proseguimmo con il lavoro di costruzione della base d’appoggio. Ogni due giorni tornavamo per verificare se qualcuno si fosse fatto vivo e avesse preso i doni. In tal caso, ciò avrebbe voluto dire che i nativi accettavano la nostra vicinanza. Altrimenti, avremmo dovuto adottare nuove cautele e nuove strategie affinché si accorgessero che non eravamo pericolosi per loro. Se in passato avessero vissuto esperienze sgradevoli venendo occasionalmente in contatto con altre persone non indigene, avremmo dovuto dimostrare in qualche maniera che non eravamo come gli altri. Era tutta questione di tempo, però, e affidandoci a Dio aspettavamo la conclusione degli eventi. … Quel giorno toccò a Edu e Gerani andare a vedere se i doni, che fino ad allora non erano stati presi, ci fossero ancora. Tuttavia, erano ancora in viaggio quando, mentre stavano ripulendo un maiale che avevano abbattuto, udirono voci umane nelle vicinanze: quale non fu la loro sorpresa! Si trovavano faccia a faccia con due uomini e una donna che tremavano e parlavano una lingua del tutto sconosciuta. Benché fossero preparati a quel momento, i missionari non tremavano meno degli indigeni. In fin dei conti, né gli uni né gli altri sapevano cosa sarebbe accaduto, perché quello era il primo incontro fra persone appartenenti a etnie diverse e dai costumi totalmente differenti. Solo il tempo avrebbe rivelato tutto ciò che passava loro per la testa e nel cuore in quel momento. | Entry #20938 — Discuss 0 — Variant: Not specified
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Eravamo disposti a morire, se fosse stato necessario, ma comprendevamo che Dio intendeva utilizzare non la morte ma la nostra vita per raggiungerli. Qualsiasi scontro che si fosse disgraziatamente verificato in un primo incontro avrebbe segnato negativamente i rapporti che stavano per essere allacciati tra le due comunità. Occorreva molta cautela perché tutto andasse davvero a buon fine. Dopo alcune ore di cammino sotto una selva immensa, trovammo un accampamento abbandonato da poco… È impossibile descrivere l'emozione di quel momento. Era come trovarsi faccia a faccia con la popolazione a cui stavamo portando la buona novella di salvezza. Con gli occhi della mente già vedevamo il momento in cui avremmo insegnato loro il Vangelo di Gesù Cristo, che era il nostro desiderio più profondo. Tutte le fatiche di nove mesi trascorsi attraversando fiumi e boscaglie, lontani dai nostri familiari, stavano per essere coronate dalla prima vittoria che a breve ci avrebbe arriso. Seguendo la normale procedura per il primo contatto, lasciammo alcuni doni sul posto (coltelli, specchietti, eccetera) a dimostrare che venivamo in pace e offrendo la nostra amicizia. Poi tornammo al nostro accampamento e proseguimmo nei lavori di costruzione del campo base. Ogni due giorni tornavamo laggiù per verificare se qualcuno si era fatto vivo e aveva raccolto i doni. Se così fosse stato, sarebbe stato un segnale che intendevano accettare il nostro approccio; in caso contrario avremmo dovuto prendere ulteriori cautele e adottare nuove strategie per far loro comprendere che non eravamo pericolosi. Poteva darsi che in passato avessero avuto esperienze sgradevoli in contatti occasionali con altre persone non indigene, nel qual caso dovevamo in qualche modo mostrare loro che noi non eravamo come gli altri. Ma tutto questo era questione di tempo, e affidandoci a Dio attendevamo il dipanarsi degli eventi. … Quel giorno toccò a Edu e Gerani andare a controllare i doni, che fino a quel momento nessuno aveva preso. Ma lungo il cammino, mentre ripulivano un maiale che avevano abbattuto, udirono voci umane, e quale non fu la sorpresa! Si trovarono di fronte a un uomo e una donna che tremavano e parlavano una lingua completamente sconosciuta. Per quanto i missionari fossero preparati a quel momento, non tremavano meno degli indigeni. In fin dei conti, né loro né gli altri due sapevano cosa sarebbe successo, poiché quello era il primo incontro tra persone appartenenti a etnie diverse e dai costumi totalmente diversi. Soltanto il tempo avrebbe rivelato tutto ciò che stava attraversando le loro menti e i loro cuori in quel momento. | Entry #16597 — Discuss 0 — Variant: Not specified
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Eravamo disposti a morire, se fosse stato necessario, ma capivamo che era con la nostra vita, e non con la morte, che Dio si sarebbe servito di noi per arrivare a loro. Gli scontri che eventualmente si fossero verificati al primo incontro avrebbero certamente rappresentato un segnale sfavorevole nei rapporti, allora sul nascere, tra le due società. Occorreva adottare estrema cautela affinché l’epilogo si rivelasse davvero a lieto fine. Dopo alcune ore di cammino nel cuore di una foresta immensa, ci imbattemmo in un accampamento abbandonato di recente… È impossibile descrivere l’emozione di quel momento. Era come se ci trovassimo di fronte a un popolo prossimo ad accogliere la Buona Novella di salvezza. Con gli occhi della spiritualità prevedevamo il momento in cui avremmo insegnato loro il Vangelo di Gesù, che era il nostro più grande desiderio. Tutti i sacrifici di nove mesi di viaggio attraverso fiumi e selve, e di lontananza dalle nostre famiglie, sarebbero stati coronati, da lì a poco, con la prima vittoria che ci saremmo gradualmente conquistati. Seguendo la prassi abituale di una spedizione pacifica, lasciammo sul posto alcuni omaggi (coltelli, specchi, etc.), a dimostrazione delle nostre intenzioni non ostili e dell’offerta di amicizia. Quindi ritornammo al nostro accampamento per proseguire nella costruzione del campo base. Ogni due giorni facevamo ritorno all'insediamento abbandonato per controllare eventuali presenze umane e se i nostri doni erano stati accettati. Un riscontro positivo avrebbe significato la graduale accettazione del nostro avvicinamento. In caso contrario, avremmo dovuto adottare nuove precauzioni e strategie per far capire che con noi non correvano alcun rischio. Se in passato avessero avuto esperienze spiacevoli a seguito di contatti occasionali con individui non indigeni, dovevamo in qualche modo rassicurarli di non essere come gli altri. Era solo questione di tempo e, rimettendoci al volere di Dio, aspettavamo l’evolversi degli eventi. … Quel giorno toccò a Edu e Gerani andare a controllare se i doni erano stati ritirati, fatto, peraltro, mai avvenuto sino al quel momento. Tuttavia, ancora lungo il cammino, mentre pulivano un cinghiale che avevano ucciso, sentirono delle voci umane nelle vicinanze e…che sorpresa! Si trovarono faccia a faccia con due uomini e una donna tremanti, che parlavano in una lingua totalmente sconosciuta. Benché i missionari fossero preparati all'incontro, anch'essi tremavano, al pari degli indigeni. In fondo, entrambi i gruppi non erano sicuri di come sarebbe finita, poiché si trattava del primo contatto fra individui appartenenti a etnie e abitudini completamente diverse. Solo il tempo avrebbe rivelato tutte le sensazioni e i pensieri che avevano attraversato i loro animi e le loro menti in quell'istante. | Entry #20723 — Discuss 0 — Variant: Standard-Italy
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Eravamo disposti a morire, se fosse stato necessario, ma capimmo che era con le nostre vite e non con la morte che Dio si sarebbe servito di noi per raggiungerli. Una qualsiasi impressione violenta e improvvisa avuta, seppur accidentalmente, al primo incontro, avrebbe di certo compromesso il rapporto che stava per instaurarsi tra le due comunità. Occorreva molta cautela affinché tutto avesse un finale veramente felice. Dopo qualche ora di cammino lungo la foresta sterminata, ci imbattemmo in un accampamento da poco abbandonato... È impossibile descrivere l'emozione di quell'istante. Era come se fossimo già dinanzi al popolo che stava per ricevere il messaggio di salvezza e redenzione. Con sguardo ascetico immaginammo il momento in cui stavamo insegnandogli la parola del Vangelo di Gesù Cristo ed era proprio questo quello che più desideravamo. Tutta la fatica sopportata per nove mesi a viaggiare per fiumi e per selve e lontano dalle nostre famiglie stava per giungere al termine coronata dalla prima vittoria che da lì a poco sarebbe stata raggiunta. Seguendo il solito procedimento pacifista tipico di una spedizione missionaria disarmata, lasciammo alcuni oggetti in regalo sparsi per il campo (sciabole, specchi, ecc..) per dimostrare che eravamo innocui e che offrivamo la nostra amicizia. Dopodiché, tornammo al nostro accampamento e proseguimmo il lavoro di costruzione della base d'appoggio. Ogni due giorni, tornavamo sul posto per controllare se fosse sbucato qualcuno e avesse raccolto gli oggetti. Se così fosse, sarebbe stato il segnale che stavano accettando la nostra presenza. Altrimenti, avremmo dovuto adottare ulteriori precauzioni e nuove strategie affinché percepissero che non eravamo persone pericolose. Se in passato avessero vissuto esperienze sgradevoli dovute a contatti occasionali con altra gente non indigena, avremmo dovuto dimostrargli, in qualche modo, che non eravamo come gli altri. Ma questa era solo una questione di tempo e, nella dipendenza da Dio, attendevamo il finale degli eventi. ... In quel giorno toccò ad Edu e Gerani di andare a controllare gli oggetti, che fino ad allora non erano stati presi. Ma, durante il tragitto, mentre scuoiavano un maiale da poco abbattuto, sentirono voci umane provenire da lì vicino e quale sorpresa! Erano faccia a faccia con due uomini ed una donna che tremavano e parlavano una lingua completamente sconosciuta. Nonostante i missionari fossero preparati per quel momento, non tremavano meno degli indigeni. In fin dei conti, né uno né l'altro sapevano cosa sarebbe successo, dopotutto si trattava del primo incontro di persone appartenenti ad etnie ed a costumi del tutto estranei. Solo il tempo svelerà tutto quello che passava nelle loro menti e nei loro cuori in quel momento. | Entry #20474 — Discuss 0 — Variant: Standard-Italy
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Eravamo disposti a morire, se fosse necessario, ma capivamo che era con le nostre vite e non con la morte che Dio ci avrebbe usato per raggiungerli. Qualsiasi turbamento che per caso accadesse in questo primo incontro che stava per iniziare, sarebbe certamente un segnale negativo nella relazione tra le due società. Era necessaria molta attenzione affinché tutto avesse un finale realmente felice. Dopo alcune ore di cammino all'interno dell’immensa selva, trovammo un accampamento recentemente abbandonato… E’ impossibile descrivere l’emozione di quel momento. Era come se fossimo faccia a faccia con il popolo al quale stessero arrivando le buone notizie della salvezza. Con gli occhi spirituali immaginavamo il momento in cui avremmo insegnato loro il Vangelo di Gesù Cristo e questo era ciò che più desideravamo. Tutto lo sforzo di nove mesi di viaggio per fiumi e foreste e di lontananza dai familiari stava per essere coronato dalla prima vittoria che da lì a poco sarebbe stata conquistata. Seguendo il normale procedimento di un fronte di attrazione, lasciammo alcuni doni sul posto (sciabole, specchi, etc.) per dimostrare che eravamo lì con fini pacifici e per manifestare loro la nostra amicizia. In seguito, tornammo al nostro accampamento e proseguimmo il lavoro di costruzione della base di appoggio. Ogni due giorni, tornavamo sul posto per controllare se fosse giunto qualcuno e avesse ricevuto i regali. Se sì, sarebbe stato il segnale del fatto che stavano accettando il nostro avvicinamento. Se no, avremmo dovuto prendere nuove precauzioni e adottare nuove strategie affinché questi capissero che non eravamo per loro persone pericolose. Se in passato avessero vissuto esperienze spiacevoli in contatti occasionali con altre persone non indigene, avremmo dovuto mostrare loro, in qualche modo, che non eravamo come gli altri. Ma tutto ciò era una questione di tempo, e dipendenti da Dio, attendevamo l’esito degli avvenimenti. … Quel giorno spettò a Edu e Gerani andare a controllare i regali, che fino a quel momento non erano stati presi. Ma, lungo la strada, mentre pulivano un maiale che fu da loro abbattuto, sentirono voci umane nelle vicinanze e quale non fu la sorpresa! Erano faccia a faccia con due uomini e una donna che tremavano e parlavano una lingua totalmente sconosciuta. Nonostante i missionari fossero preparati per quel momento, non tremavano meno degli indigeni. Alla fine, né l’uno né l’altro sapevano cosa sarebbe successo, poiché era il primo incontro tra persone appartenenti a etnie distinte e con costumi totalmente differenti. Solo il tempo rivelerebbe tutto ciò che passava nelle loro menti e nei loro cuori in quel momento. | Entry #19378 — Discuss 0 — Variant: Not specified
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Eravamo disposti a morire, se fosse stato necessario ma capivamo che era con le nostre vite e non con la morte che Dio ci avrebbe usato per giungere a loro. Se per caso al primo incontro si fosse verificato un evento traumatico, certamente avrebbe segnato negativamente il rapporto tra le due società che stava per iniziare. Era necessaria molta cautela perchè tutto giungesse ad una conclusione veramente felice. Dopo aver camminato per alcune ore all’interno dell’immensa selva, trovammo un accampamento abbandonato di recente….É impossibile descrivere l’emozione che provammo in quel momento. Era come se ci trovassimo faccia a faccia con il popolo per il quale stava arrivando la buona novella della salvezza. Con gli occhi dello spirito, immaginavamo il momento in cui avremmo insegnato loro il Vangelo di Gesù Cristo, era ciò che desideravamo più di ogni altra cosa. Nove mesi di sforzi, viaggiando per fiumi e foreste, lontano dalla famiglia, stavano per essere coronati dalla prima vittoria che a poco a poco stava per essere conquistata. Seguendo la normale procedura di un avamposto di contatto, lasciammo sul posto alcuni doni (coltelli, specchi, ecc.) a dimostrazione del fatto che eravamo lì con fini pacifici e che offrivamo loro la nostra amicizia. Dopo di ciò, ritornammo al nostro accampamento e continuammo il lavoro di costruzione della base di appoggio. Ogni due giorni, ritornavamo sul posto per controllare se qualcuno si era fatto vivo e avesse preso i regali. In caso positivo, sarebbe stato il segnale che stavano accettando il nostro avvicinamento. Diversamente, sarebbe stato necessario usare nuove cautele ed adottare nuove strategie perché capissero che non eravamo persone a loro nocive. Se in passato avevano avuto esperienze sgradevoli nei contatti occasionali con altre persone non indigene, dovevamo dimostrare in qualche modo che non eravamo come gli altri. Ma tutto questo era una questione di tempo e, affidandoci a Dio, aspettavamo di vedere come sarebbe andata a finire. Quel giorno toccò ad Edu e a Gerani andare a controllare i regali, che fino a quel momento non erano stati portati via. Tuttavia, mentre erano ancora in cammino e stavano pulendo un maiale che avevano abbattuto, udirono voci umane lì vicino e quale non fu la sorpresa! Si trovarono di fronte due uomini e una donna che tremavano e parlavano una lingua completamente sconosciuta. Sebbene i missionari fossero preparati a quel momento, non tremavano meno degli indigeni. In fin dei conti, né gli uni né gli altri sapevano cosa sarebbe successo, perché era il primo incontro di persone appartenenti ad etnie distinte e dai costumi totalmente diversi. Solo il tempo avrebbe rivelato tutto ciò che passava per le loro menti e nei loro cuori in quel momento. | Entry #16754 — Discuss 0 — Variant: Not specified
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Eravamo pronti a morire, se necessario, ma supponevamo che per giungere sino a loro Dio si sarebbe servito delle nostre vite e non della nostra morte. Qualsiasi scontro che fosse mai avvenuto in un primo incontro avrebbe sicuramente lasciato un'impronta negativa sui rapporti fra le due società, in procinto di essere avviati. Occorreva agire con molta cautela affinché tutto avesse davvero un lieto fine. Dopo aver camminato per qualche ora sotto l'immensa selva, trovammo un accampamento da poco abbandonato... Impossibile descrivere l'emozione di quel momento. Era come trovarsi faccia a faccia con la popolazione che stava per ricevere la buona novella della salvezza. Il nostro sguardo spirituale immaginava il momento in cui avremmo insegnato loro il Vangelo di Gesù Cristo, ed era questo ciò che più desideravamo. Tutti gli sforzi compiuti nei nove mesi di viaggio tra fiumi e boschi, lontani dalla famiglia, stavano per essere premiati con la prima vittoria, concessa ai pochi. Seguendo una normale procedura di un gruppo di richiamo, lasciammo sul luogo dei doni (coltelli, specchi, ecc.) a dimostrazione delle nostre intenzioni pacifiche e per offrire loro la nostra amicizia. Rientrammo poi al nostro accampamento e proseguimmo la costruzione della base d'appoggio. Ogni due giorni tornavamo sul posto per controllare se era apparso qualcuno e aveva preso i regali. In caso positivo, sarebbe stato un segno di accettazione del nostro avvicinamento. Diversamente, avremmo dovuto prendere altri provvedimenti ed adottare nuove strategie affinché comprendessero che non eravamo persone loro ostili. Se nel passato avessero vissuto esperienze sgradevoli in contatti occasionali con altre persone non indigene, avremmo dovuto, in qualche modo, mostrare loro che non eravamo come gli altri. Tutto ciò era però una questione di tempo e, agli ordini di Dio, attendevamo l'epilogo degli eventi. … Quel giorno spettava a Edu e a Gerani andare a verificare i regali, che sino ad allora nessuno aveva ancora preso. Ma strada facendo, intenti a pulire un maiale da loro abbattuto, udirono delle voci umane nelle vicinanze e quale fu la sorpresa! Si trovavano faccia a faccia con due uomini e una donna, tremanti, che parlavano una lingua completamente sconosciuta. Pur essendo preparati ad affrontare quel momento, i missionari non tremavano meno degli indigeni. In fondo, né l'uno né l'altro sapeva cosa sarebbe accaduto, era infatti il primo incontro fra persone appartenenti ad etnie diverse e con abitudini completamente differenti. Solo il tempo avrebbe rivelato tutto ciò che passava per la loro mente e ciò i loro cuori sentivano in quel momento. | Entry #20417 — Discuss 0 — Variant: Not specified
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Eravamo disposti a morire, se fosse stato necessario, ma sapevamo che erano le nostre vite, e non la nostra morte, che Dio avrebbe usato per raggiungerli. Qualunque shock sarebbe, malauguratamente, potuto accadere durante il primo incontro avrebbe rappresentato una macchia nella relazione tra le due società, relazione che era già prossima al suo inizio. Sarebbe stata necessaria molta cautela perché tutto avesse un vero lieto fine. Dopo alcune ore di camminata nell'immensa selva, trovammo un accampamento da poco abbandonato...è impossibile descrivere l'emozione di quel momento. Era come essere faccia a faccia con un popolo a cui stava per arrivare la lieta notizia della salvezza. Con occhi spirituali immaginavamo il momento in cui avremmo insegnato loro il Vangelo di Gesù Cristo, e questo era ciò che più desideravamo. Tutta la fatica di nove mesi di viaggio tra fiumi e foreste, e di separazione dalle nostre famiglie, stava per essere coronata da una prima vittoria, che avremmo conquistato di lì a poco. Seguendo la normale prassi per suscitare interesse, lasciammo alcuni doni nell'accampamento (machete, specchi, ecc.) a dimostrazione che ci trovavamo lì con scopi pacifici e proponevamo loro la nostra amicizia. Dopodiché, tornammo al nostro accampamento e proseguimmo nel lavoro di costruzione del campo base. Ogni due giorni tornavamo all'accampamento per controllare che qualcuno si fosse fatto vivo e avesse ricevuto i doni. Se questo fosse successo, sarebbe stato il segnale che stavano accettando il nostro tentativo di avvicinamento. In caso contrario, avremmo dovuto prendere nuove precauzioni affinché capissero che non volevamo nuocergli. Se in passato avessero avuto esperienze negative di contatti occasionali con altre persone non indigene, avremmo dovuto dimostrargli, in qualche modo, che non eravamo come tutti gli altri. Ma era una questione di tempo, e dipendendo da Dio, dovevamo aspettare i prossimi sviluppi. ... Quel giorno fu il turno di Edu e Gerani di verificare i doni, che fino a quel momento non erano stati presi. Ma, lungo il cammino, mentre macellavano un maiale che avevano appena abbattuto, nelle vicinanze udirono voci umane, e che sorpresa che fu! Si trovarono di fronte a due uomini e una donna tremanti che parlavano una lingua totalmente sconosciuta. Nonostante i missionari fossero preparati a quel momento, non tremavano meno degli indigeni. In fondo, né gli uni né gli altri sapevano cosa sarebbe successo, dal momento che era il primo incontro tra persone appartenenti a etnie così diverse e con usanze così differenti. Solo il tempo avrebbe rivelato tutto quello che stava loro passando per la testa e per il cuore in quel momento. | Entry #16906 — Discuss 0 — Variant: Standard-Italy
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Eravamo disposti a morire, se necessario, ma abbiamo capito che era con la nostra vita e non la morte che Dio ci avrebbe usato per raggiungerli. Qualsiasi shock che possono verificarsi su una prima data, sarebbe certamente un segno negativo sul rapporto tra le due società, che stava per iniziare. Doveva essere molto attenti che tutto avesse un finale veramente felice. Dopo un paio d'ore di cammino sotto immensa giungla, ha trovato un campo di recente abbandonato ... E 'impossibile descrivere l'emozione di quel momento. Era come se fossimo faccia a faccia con le persone per le quali la buona notizia della salvezza stavano arrivando. Antevíamos con occhi spirituali momento stiamo insegnando loro il Vangelo di Gesù Cristo, e questo è ciò che più desiderava. Ogni sforzo di nove mesi di viaggio attraverso i fiumi e le foreste e la separazione dai familiari è stata incoronata con la prima vittoria è stata lentamente conquistato. Seguendo la procedura normale di un fronte all'attrazione, a sinistra alcuni omaggi in loco (machete, specchi, ecc.) Per dimostrare che eravamo lì per scopi pacifici e abbiamo proposto loro la nostra amicizia. Dopo di che, siamo tornati al nostro campo e proceduto ai lavori di costruzione della base di appoggio. Ogni due giorni siamo tornati al sito per vedere se qualcuno fosse apparso e ricevuto doni. Se è così, sarebbe il segnale che verrebbe accettando il nostro approccio. In caso contrario, nuova cura dovrebbe essere presa e nuove strategie doveva essere adottata in modo che si rendono conto che non erano nocivi per le persone. Se in passato sono passati attraverso esperienze brutte contatti occasionali con altre persone non indigene, avrebbe dovuto mostrare loro, in qualche modo, che non eravamo come gli altri. Ma era tutta una questione di tempo e, in dipendenza da Dio, abbiamo atteso l'esito degli eventi. ... Quel giorno è sceso a Edu e Gerani andare a controllare i presenti, che fino ad allora non era stata presa. Ma ancora sulla strada, mentre la pulizia di un suino macellato da loro, sentite voci umane lì intorno e che cosa è stata la sorpresa! Erano faccia a faccia con due uomini e una donna che tremava e parlava in una lingua completamente sconosciuta. Anche se i missionari sono stati preparati per quel momento, non tremare meno di nativi. Dopo tutto, nessuno sapeva cosa sarebbe accaduto, perché era il primo raduno di persone appartenenti a diversi gruppi etnici e in modi totalmente diversi. Solo il tempo avrebbe rivelato tutto quello che stava succedendo nella loro mente e nel cuore in quel momento. | Entry #17446 — Discuss 0 — Variant: Not specified
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