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Di lingue e dialetti
Thread poster: Arturo Mannino
Arturo Mannino
Arturo Mannino  Identity Verified
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Oct 26, 2004

Salve a tutti,

ho pensato di usare questo spazio per raccogliere le opinioni dei colleghi e delle colleghe su un problema di linguistica: la differenza tra lingue e dialetti. Dato che la faccenda è spinosa e si presta ad interpretazioni di carattere politico non prive, talvolta, di atteggiamenti passionali, mi piacerebbe ascoltare le vostre opinioni su una serie di questioni:

- Che cosa distingue una lingua da un dialetto?
- Il siciliano, il veneto, il genovese,
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Salve a tutti,

ho pensato di usare questo spazio per raccogliere le opinioni dei colleghi e delle colleghe su un problema di linguistica: la differenza tra lingue e dialetti. Dato che la faccenda è spinosa e si presta ad interpretazioni di carattere politico non prive, talvolta, di atteggiamenti passionali, mi piacerebbe ascoltare le vostre opinioni su una serie di questioni:

- Che cosa distingue una lingua da un dialetto?
- Il siciliano, il veneto, il genovese, sono lingue o dialetti?
- Dove passa il limite tra le ragioni della dialettologia e quelle della politica?

Non vi nascondo che a forza di rimuginare sull'argomento mi sono formato un'opinione, che in gran parte si rifà alla (credo) famosa frase del linguista norvegese Einar Haugen: "Una lingua è un dialetto con un esercito e una flotta alle sue spalle"; anzi, credo che tutta la questione si possa riassumere nella dicotomia tra due posizioni estreme:
1. I dialetti sono varianti linguistiche di serie B gerarchicamente subordinate alle lingue cui si rifanno.
2. I dialetti non esistono.

In che punto vi collocate voi, nella scala che unisce questi due estremi?
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Valentina Viali
Valentina Viali  Identity Verified
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i dialetti non sono lingue ma... Oct 26, 2004

Caro Arturo,

mi sento chiamata in causa in questo forum, visto che all'università ho fatto ben due esami sulla dialettologia italiana. Intanto, per chiarirti le idee ti suggerisco di farti una bella ricerca su Graziadio Isaia Ascoli, che viene considerato il punto di riferimento italiano per la dialettologia (tra l'altro, io ho fatto lingue all'università, ho trovato gli esami di dialettologia utilissimi per lo studio delle lingue straniere).

Premetto che sono passat
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Caro Arturo,

mi sento chiamata in causa in questo forum, visto che all'università ho fatto ben due esami sulla dialettologia italiana. Intanto, per chiarirti le idee ti suggerisco di farti una bella ricerca su Graziadio Isaia Ascoli, che viene considerato il punto di riferimento italiano per la dialettologia (tra l'altro, io ho fatto lingue all'università, ho trovato gli esami di dialettologia utilissimi per lo studio delle lingue straniere).

Premetto che sono passati diversi anni da quando sono uscita dall'università, quindi vi prego di perdonare possibili imprecisioni.


- Che cosa distingue una lingua da un dialetto?
Le lingue nazionali ufficiali sono figlie del dialetto. La lingua italiana (ma questo è un principio generale, applicabile a tutte le lingue) è nata prendendo qua e là dai vari dialetti, che emergevano di volta in volta grazie a:
1. prestigio culturale - basti pensare al fiorentino di Dante Petrarca e Boccaccio che realmente ha creato per grossa parte l'italiano di oggi. Ma questo è solo un esempio, gli apporti sono stati tanti: da Manzoni a Goldoni, da Pirandello a S. Francesco e chi più ne ha più ne metta.
2. prestigio economico e politico - chi comanda detta le regole anche nelle lingue

- Il siciliano, il veneto, il genovese, sono lingue o dialetti?
Non sono lingue ma dialetti8, secondo la classificazione che ho studiato all'università. In Italia, possono essere considerate vere e proprie lingue lingue solo il ladino (parlato in trentino) e il sardo.

Non vi nascondo che a forza di rimuginare sull'argomento mi sono formato un'opinione, che in gran parte si rifà alla (credo) famosa frase del linguista norvegese Einar Haugen: "Una lingua è un dialetto con un esercito e una flotta alle sue spalle"; anzi, credo che tutta la questione si possa riassumere nella dicotomia tra due posizioni estreme:
1. I dialetti sono varianti linguistiche di serie B gerarchicamente subordinate alle lingue cui si rifanno.

In effetti si potrebbe dire che il dialetto è una lingua di serie B, perchè non ufficiale, MA è la lingua che si rifà e deriva dal dialetto e non il contrario, non dimentichiamolo!!
In generale il dialetto manca del prestigio e della diffusione della lingua, ma a volte accade che prenda prestigio perchè usato da personaggi ben conosciuti e culturalmente ben considerati. Di conseguenza viene ascoltato e imitato e quindi va ad influire sulla lingua italiana.


2. I dialetti non esistono.
I dialetti esistono eccome, e devono essere mantenuti, perchè sono una grossa eredità che abbiamo. E poi, chi è che non parla in dialetto? Non la voglio fare troppo lunga, perchè altrimenti monopolizzerei il forum, ma voglio specificare che secondo alcuni studi di carattere psicologico, si è scoperto che usiamo il dialetto quando si è in particolari situazioni ed in particolare quando si è in clima amichevole con qualcuno. Voi ci avete mai fatto caso?

Ciao a tutti e buon lavoro.
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Maria Antonietta Ricagno
Maria Antonietta Ricagno  Identity Verified
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a proposito di dialetti Oct 26, 2004

ciao a tutti e due

argomento interessante. un'aggiunta che vorrei fare è che, naturalmente è necessaria una lingua standard per comunicare come facciamo, ma i dialetti non solo esistono e sono importanti, ma hanno una varietà di aspetti che la lingua standard non possiede. Penso ad esempio a certe espressioni dialettali napoletane o siciliane o calabresi (lingua che conosco bene) che sono praticamente intraducibili in italiano senza far loro perdere il senso vero che esprimono. O
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ciao a tutti e due

argomento interessante. un'aggiunta che vorrei fare è che, naturalmente è necessaria una lingua standard per comunicare come facciamo, ma i dialetti non solo esistono e sono importanti, ma hanno una varietà di aspetti che la lingua standard non possiede. Penso ad esempio a certe espressioni dialettali napoletane o siciliane o calabresi (lingua che conosco bene) che sono praticamente intraducibili in italiano senza far loro perdere il senso vero che esprimono. Ovviamente, il limite dei dialetti è che per comprenderli a fondo, 'entrarci dentro', bisogna conoscerli e non li si può conoscere tutti.
un ri-saluto a tutti
Antonella
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Arturo Mannino
Arturo Mannino  Identity Verified
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Non esistono Oct 26, 2004

Vorrei fare una precisazione. Quando, esemplificando una delle posizioni che, a mio parere, si possono assumere riguardo alla problematica dei dialetti, ho scritto che i dialetti non esistono, in realtà non intendevo affatto sminuirne il valore, anzi: proprio perché penso che l'unica cosa che distingue una lingua da un dialetto è la forza politica della prima rispetto al secondo (l'esercito e la flotta di Haugen) ritengo che non esistano argomenti linguistici seri che consentano di dire che, ... See more
Vorrei fare una precisazione. Quando, esemplificando una delle posizioni che, a mio parere, si possono assumere riguardo alla problematica dei dialetti, ho scritto che i dialetti non esistono, in realtà non intendevo affatto sminuirne il valore, anzi: proprio perché penso che l'unica cosa che distingue una lingua da un dialetto è la forza politica della prima rispetto al secondo (l'esercito e la flotta di Haugen) ritengo che non esistano argomenti linguistici seri che consentano di dire che, mettiamo, il siciliano è un dialetto. In questo senso, e solo in questo senso, i dialetti non esistono. Tra l'altro ho l'impressione, che forse qualcuno mi potrà confermare, che la dialettologia italiana sia fortemente impregnata di politica e risponda all'esigenza di propugnare un'unità linguistica fittizia sin dai tempi dell'unità d'Italia. Non è un caso che, spesso, a quelli che in Italia vengono considerati dialetti, all'estero venga attribuita senza drammi la qualità di lingua (cfr. per esempio The Cambridge Encyclopedia Of Languages).Collapse


 
Ruxi
Ruxi
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Molto interesante... Oct 26, 2004

Mi piace tanto questa discussione e voglio chiedere perche non hai miso la domanda nel forum comune, sono tanti altri dialetti nel mondo a la discussione sarebbe interesante per tutti.
Mi dispiace, il mio italiano e male, sono ancora imparando.
Mio marito viene da un regione italiana e parla un dialetto, quindi lo conosco (pugliese).
Io non sono una linguista, per cioe direi che un dialetto se rifere ad una regione di un paese, quindi e parlato, utilizzato da un gruppo ristret
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Mi piace tanto questa discussione e voglio chiedere perche non hai miso la domanda nel forum comune, sono tanti altri dialetti nel mondo a la discussione sarebbe interesante per tutti.
Mi dispiace, il mio italiano e male, sono ancora imparando.
Mio marito viene da un regione italiana e parla un dialetto, quindi lo conosco (pugliese).
Io non sono una linguista, per cioe direi che un dialetto se rifere ad una regione di un paese, quindi e parlato, utilizzato da un gruppo ristretto di gente.
Si, i dialetti sono una valore per la lingua cui apartengono.
Sono formati in tempo e sono un risultato di molte influenze esterni ed possibilmente interni.
Non poso capire la tua ideea con la politica ed i dialetti.Direi che la politica non ha da fare con la lingua, con i dialetti, ma non conosco la situazione in Italia.
Per me c'e un'altra domanda: in scuola si studia nel dialetto della regione? Io penso che il dialetto e utilizzato soltanto in famiglia. In qualche regione i dialetti sono parlati oggi soltanto dalla gente vecchia, e forse sparirano. Gli opinioni sono diversi.
Quindi le risposte alla tua domanda:
1. i dialetti sono "regioni" in una lingua nazionale
2. esistono e hanno una valore nazionale
3. sarano per molto tempo in futuro? Chi lo sa?
4. non hanno una valore politica
5. sarebbe forse meglio se la gente parlerebbe ugualmente il dialetto della regione dove viva ed la lingua nazionale, per essere capiti dai tutti.
Scusate-mi per gli errori.

Ciao,
Ruxi
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Arturo Mannino
Arturo Mannino  Identity Verified
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Per Ruxi Oct 26, 2004

Ciao Ruxi,

non ti preoccupare per gli errori. Sicuramente il mio rumeno non arriva nemmeno ai talloni del tuo italiano. Volevo solo ribadire un punto: la lingua È una questione politica. Come veicolo di comunicazione, è anche il mezzo con cui il potere veicola se stesso. Durante la dittatura franchista, chi parlava il "dialetto" catalano in pubblico era multato; oggi il catalano è la lingua ufficiale della Catalogna, accanto al castigliano. Nel XVII secolo, i missionari gesuiti t
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Ciao Ruxi,

non ti preoccupare per gli errori. Sicuramente il mio rumeno non arriva nemmeno ai talloni del tuo italiano. Volevo solo ribadire un punto: la lingua È una questione politica. Come veicolo di comunicazione, è anche il mezzo con cui il potere veicola se stesso. Durante la dittatura franchista, chi parlava il "dialetto" catalano in pubblico era multato; oggi il catalano è la lingua ufficiale della Catalogna, accanto al castigliano. Nel XVII secolo, i missionari gesuiti tradussero la Bibbia in guaranì e insegnarono questa lingua indigena nelle scuole, come metodo per appoggiare le comunità indigene del Paraguay e per contrastare lo strapotere dei vicerè spegnoli; oggi il guaranì è la lingua ufficiale del Paraguay, accanto al castigliano, ma è a malapena riconosciuto come lingua in altre zone del Sudamerica. E che dire della straordinaria rinascita dell'ebraico, che da lingua "morta" si trasformò per volontà politica in lingua vivissima, accompagnando la nascita dello stato d'Israele?
Credimi, non si può prescindere dalla politica quando si parla di lingue.
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Valentina Pecchiar
Valentina Pecchiar  Identity Verified
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Lingua e storia (ovvero politica) Oct 26, 2004

Arturo Mannino wrote:
la lingua È una questione politica.


Un altro esempio è costituito dalla "meiosi" del serbo-crato in serbo, croato e bosniaco in seguito alla nascita dei relativi stati nazionali.

Tornando a italiano e dialetti in rapporto alle circostanze politiche, non ho mai trovato conferma (ma non ho neanche cercato troppo) ma è una di quelle cose che in zona "tutti sanno": nella Venezia Giulia tutti parlano ancora il dialetto perché mentre nell'Italia appena unificata si facevano grandi sforzi per insegnare l'italiano ai nuovi italiani, nelle regioni "irredente" (ovvero ancora sotto il dominio austriaco) tale lingua era vietata in pubblico. A Trieste, fino alla Prima guerra mondiale erano ammessi il tedesco, lo sloveno o il dialetto triestino. L'italiano era considerato sovversivo.

En passant, una nota storica: il 26 ottobre 1954 (50 anni fa giusti giusti) Trieste veniva restituita all'Italia in seguito al memorandum di Londra che poneva fine all'occupazione alleata dopo la Seconda guerra mondiale.


PS Credo che tra le lingue parlate in Italia sia da annoverare anche il friulano, di cui esistono (o almeno esistevano fino a prima della riforma, ora non so) cattedre sia all'università di Udine che di Trieste.

[Edited at 2004-10-26 12:10]


 
gianfranco
gianfranco  Identity Verified
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Fattori per definire lingue/dialetti Oct 26, 2004

Sono d'accordo con Arturo,
i popoli sono uniti (e divisi) soprattutto in base alla cultura e alle tradizioni, che in ultima analisi possono essere in gran parte ricondotti a pochi fattori: lingua, e religione, ma anche interessi economici, quindi anche fattori politici.

La lingua, come fattore principale di comunicazione (orale o scritta) è un fattore importantissimo per l'integrazione o dis-integrazione, ma non voglio andare fuori tema, e anzi rientro subito nei ranghi. ... See more
Sono d'accordo con Arturo,
i popoli sono uniti (e divisi) soprattutto in base alla cultura e alle tradizioni, che in ultima analisi possono essere in gran parte ricondotti a pochi fattori: lingua, e religione, ma anche interessi economici, quindi anche fattori politici.

La lingua, come fattore principale di comunicazione (orale o scritta) è un fattore importantissimo per l'integrazione o dis-integrazione, ma non voglio andare fuori tema, e anzi rientro subito nei ranghi.

Cosa distingue una lingua da un dialetto?
Utilizzo il termine neutro "parlata" per non scrivere ogni volta lingua e/o dialetto.

Secondo me si potrebbe "empiricamente" distinguere in base ai seguenti criteri, che non rigidi ma presentano tutte le ovvie sfumature pratiche dei vari casi reali:

  • a) esistenza di caratteristiche linguistiche stabilite e distinte da quelle di altre parlate correlati

  • b) esistenza di un territorio in cui la parlata viene utilizzata in modo predominante

  • c) esistenza di una tradizione consolidata, possibilmente scritta, e di regole formali generalmente accettate (grammatica, vocabolario, ecc.)

  • d) secondo la tesi di alcuni studiosi, disponibilita' di potere economico e/o militare

    Se ci sono tutti i requisiti, si tratta quasi sempre di una lingua, se mancano tutti si tratta quasi sempre di un dialetto, se ci sono solo alcune delle caratteristiche, la definizione oscilla tra lingua e dialetto.
    Notare che (a) e (c) sono fattori culturali linguistici, ma (b) e (d) sono fattori economici/politici.

    Sarei curioso di vedere se la mia analisi "common sense", buttata giu' tanto per partecipare a questa discussione, regge oppure crolla, in base a esempi reali.

    Gianfranco ▲ Collapse


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    Arturo Mannino
    Arturo Mannino  Identity Verified
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    TOPIC STARTER
    Per Gianfranco Oct 26, 2004

    La tua teoria è senz'altro interessante, ma mi sembra che alcuni punti non reggano all'analisi dei fatti. Cosa che, peraltro, credo, è dovuta più alla complessità della questione che ad una debolezza intrinseca della teoria. Vediamo:

    a) esistenza di caratteristiche linguistiche stabilite e diverse da altre lingue/dialetti correlati
    Mi sembra che qui il punto centrale sia il fatto che queste caratteristiche linguistiche siano "stabilite": una lingua oppressa verrà relegata
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    La tua teoria è senz'altro interessante, ma mi sembra che alcuni punti non reggano all'analisi dei fatti. Cosa che, peraltro, credo, è dovuta più alla complessità della questione che ad una debolezza intrinseca della teoria. Vediamo:

    a) esistenza di caratteristiche linguistiche stabilite e diverse da altre lingue/dialetti correlati
    Mi sembra che qui il punto centrale sia il fatto che queste caratteristiche linguistiche siano "stabilite": una lingua oppressa verrà relegata al ruolo di dialetto finché a stabilire le regole del gioco siano i fautori della lingua dominante.
    b) esistenza di un territorio in cui la lingua (in senso lato) viene utilizzata in modo predominante
    Questo, però, non valeva per lingue come lo yiddish, parlato da minoranze, e il catalano e il basco ai tempi del franchismo, tanto per citare alcuni esempi.
    c) esistenza di una tradizione consolidata, possibilmente scritta, e di regole formali generalmente accettate (grammatica, vocabolario, ecc.)
    Punto dolente: la tradizione scritta consolidata è una caratteristica peculiare di alcune lingue che in Italia, e praticamente solo in Italia, vengono considerate dialetti, vedi il napoletano; quanto alle regole formali, è ovvio che la mancanza di un riconoscimento politico favorisce la frammentazione, che a sua volta impedisce il nascere e il consolidarsi di un corpo di regole: dire, come fanno alcuni "dialettologi", che il dialetto è tale perché manca di regole formali è, a mio parere, confondere il sintomo con la causa. Come dire che il bambino è malato perché ha la febbre, e non al contrario.
    d) secondo la tesi di alcuni studiosi, disponibilita' di potere economico e/o militare
    Fortunatamente, questi studiosi sono sempre più numerosi.
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    gianfranco
    gianfranco  Identity Verified
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    Un esempio (molto semplificato) Oct 26, 2004

    Arturo,
    certo la mia e' una semplificazione enorme, l'ho scritta di getto e non ho una particulare preparazione sull'argomento, ma secondo me contiene quattro elementi fondamentali.
    Agggiungo che non sono 'essenziali', ma se non sono tutti presenti si ha una situazione sfumata, vedi sotto l'esempio sfumato del sardo.
    Riconosco inoltre non solo la complessita', ma anche la variabilita' nel tempo dei requisiti elencati, in dipendenza anche delle condizioni politiche.
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    Arturo,
    certo la mia e' una semplificazione enorme, l'ho scritta di getto e non ho una particulare preparazione sull'argomento, ma secondo me contiene quattro elementi fondamentali.
    Agggiungo che non sono 'essenziali', ma se non sono tutti presenti si ha una situazione sfumata, vedi sotto l'esempio sfumato del sardo.
    Riconosco inoltre non solo la complessita', ma anche la variabilita' nel tempo dei requisiti elencati, in dipendenza anche delle condizioni politiche.

    E vengo all'esempio del Sardo (eh he, che altro? ma sia inteso che non posso distinguere fra le varieta' del sardo, quindi introduco ancora altre semplificazioni. Perdonatemi.

    - Requisito a)
    Un netto sì

    - Requisito b)
    Soddisfatto in modo parziale. La parlata tende a scomparire nell'uso comune, sommerso dall'italiano, dai media, non viene utilizzata dai giovani, non ha uno status elevato, ecc...
    Inoltre il sardo non e' comunemente oggetto di studio scolastico sul territorio, non viene utilizzato nei documenti pubblici, ecc.

    - Requisito c)
    Netto sì. Struttura e grammatica codificate.


    - Requisito d)
    No. La regione Sardegna ha sempre goduto di regime autonomo ma non si puù certo dire che possegga potere economico o di altro tipo. Si tratta solo di una autonomia amministrativa locale, non di una entità indipendente (autogoverno).

    Esistono, quindi alcuni importanti requisiti linguistici e alcuni politici (territorio), ma nel complesso la lingua sarda è in fase di regresso, con un utilizzo sempre meno comune.

    Direi che la classificazione come "lingua" è fortemente in pericolo, con tendenza a diventare, entro un breve arco di tempo se non una lingua morta almeno una lingua in pericolo di estinzione.


    Gianfranco
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    Sabina Moscatelli
    Sabina Moscatelli
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    Dialetti e successo Oct 27, 2004

    Recentemente, per ragioni accademiche, ho ripreso in mano gli studi di linguistica e veniva proposta proprio la riflessione a proposito dei dialetti. Era un volume di Freddi, dal titolo Psicolinguistica, Sociolinguistica e Glottodidattica (ediz. UTET).

    A suo dire il dialetto era una lingua a tutti gli effetti, in quanto dotata di un sistema fonetico, fonologico, sintattico, lessicale e morfologico proprio. Si tratta inoltre di lingue spesso portatrici di grandi patrimoni culturali (
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    Recentemente, per ragioni accademiche, ho ripreso in mano gli studi di linguistica e veniva proposta proprio la riflessione a proposito dei dialetti. Era un volume di Freddi, dal titolo Psicolinguistica, Sociolinguistica e Glottodidattica (ediz. UTET).

    A suo dire il dialetto era una lingua a tutti gli effetti, in quanto dotata di un sistema fonetico, fonologico, sintattico, lessicale e morfologico proprio. Si tratta inoltre di lingue spesso portatrici di grandi patrimoni culturali (meno spesso scritti). La distinzione, secondo Freddi, riposa sul fatto che il dialetto è sostanzialmente una lingua che ha avuto minore successo, cioè non è diventata - per contingenze storiche, politiche e religiose - la lingua dell'élite dominante.

    Mi trovo d'accordo con questa definizione.
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    Maria Antonietta Ricagno
    Maria Antonietta Ricagno  Identity Verified
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    per Sabina Oct 27, 2004

    sono d'accordo anch'io. Penso che il prestigio di una lingua -sociale, economico - sia il fattore predominante nel far prevalere quella determinata lingua ed 'innalzarla' allo status di lingua standard. Poi,penso che vi sia una buona componente dovuta, come dire, alla 'plasticità' e flessibilità delle lingue di adeguarsi autonomamente all'uso. Se in un determinato periodo storico si verificano le condizioni per il prevalere di una certa lingua, questa 'naturalmente' prevale, sono i parlanti ch... See more
    sono d'accordo anch'io. Penso che il prestigio di una lingua -sociale, economico - sia il fattore predominante nel far prevalere quella determinata lingua ed 'innalzarla' allo status di lingua standard. Poi,penso che vi sia una buona componente dovuta, come dire, alla 'plasticità' e flessibilità delle lingue di adeguarsi autonomamente all'uso. Se in un determinato periodo storico si verificano le condizioni per il prevalere di una certa lingua, questa 'naturalmente' prevale, sono i parlanti che la impongono nell'uso.

    Del resto, i dialetti hanno una loro grammatica, sintassi, lessico, per cui non mi sembra che manchi loro qualcosa per essere definiti delle lingue, tranne appunto il prestigio sociale. Se mi metto a parlare in calabrese, quanti di voi mi capirebbero? Certo, se la Calabria diventasse invece che una regione 'sgarrupata' qual'è, una potenza economica e tutti fossero 'costretti' a fare affari con tale regione, magari potrebbero anche dover imparare il calabrese... Questa è fantascienza, naturalmente, sopportate le mie fantasie linguistiche frustrate...

    ciao a tutti

    Antonella
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    Lorenzo Lilli
    Lorenzo Lilli  Identity Verified
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    i miei 2 cent Oct 27, 2004

    Maria Antonietta Ricagno wrote:

    Se mi metto a parlare in calabrese, quanti di voi mi capirebbero? Certo, se la Calabria diventasse invece che una regione 'sgarrupata' qual'è, una potenza economica e tutti fossero 'costretti' a fare affari con tale regione, magari potrebbero anche dover imparare il calabrese... Questa è fantascienza, naturalmente, sopportate le mie fantasie linguistiche frustrate...



    Eheheh, aspetto solo che i muratori bergamaschi conquistino il mondo: allora mi coprirò d'oro facendo l'interprete di cantiere (un po' come il barone rampante di Calvino)
    Scherzi a parte, grazie ad Arturo, per avere proposto un argomento così interessante, e a chi è intervenuto finora. Mi sono sempre chiesto se esista un confine preciso tra lingua e dialetto e, nel caso, che cosa lo determini. Peccato non avere studiato dialettologia all'università.


     
    Arturo Mannino
    Arturo Mannino  Identity Verified
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    TOPIC STARTER
    Un paio di dati... Oct 27, 2004

    Ecco alcuni idiomi che, secondo The Cambridge Encyclopedia Of Language, sono lingue a tutti gli effetti:

    Friulan
    Lombard
    Neapolitan-Calabrese
    Sardinian
    Sicilian
    Ticinese
    Venetian


     
    Valentina Viali
    Valentina Viali  Identity Verified
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    teorie e classificazioni Oct 27, 2004

    Anche io concordo con Sabina. E trovo anche che Maria Antonietta abbia ragione per quanto riguarda la teoria secondo cui il dialetto si innalza a lingua nazionale grazie al prestigio politico-sociale. Però non dimentichiamo che una grossa parte, viene giocata dal prestigio culturale, che, in particolare, per quanto riguarda l'italiano è stato fondamentale.
    Esempi?? Il fiorentino del Trecento, il lombardo Manzoniano, il veneziano di Goldoni, ecc. questi e tanti altri grandi autori della
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    Anche io concordo con Sabina. E trovo anche che Maria Antonietta abbia ragione per quanto riguarda la teoria secondo cui il dialetto si innalza a lingua nazionale grazie al prestigio politico-sociale. Però non dimentichiamo che una grossa parte, viene giocata dal prestigio culturale, che, in particolare, per quanto riguarda l'italiano è stato fondamentale.
    Esempi?? Il fiorentino del Trecento, il lombardo Manzoniano, il veneziano di Goldoni, ecc. questi e tanti altri grandi autori della letteratura hanno giocato un ruolo importantissimo per creare un'unità linguistica nazionale.

    E visto che c'ero ho anche aperto un vecchio testo che consiglio a tutti i linguisti e cioè "Manualetto di linguistica italiana", M. Dardano, edito da Zanichelli. C'è una buona sezione dedicata alla dialettologia italiana, che sono andata un po' a rispolverare. Per quanto riguarda l'influenza politica sul dialetto/lingua nazionale, di cui scriveva Arturo, effettivamente se ne parla, ma in particolare in riferimento a lingue come il francese e lo spagnolo (non c'è una grosso approfondimento su altre lingue, devo dire), che sono state imposte politicamente alla nazione da chi stava al potere. Per quanto riguarda l'italiano, invece, il contributo politico è stato invece esiguo, mentre il fattore predominante è stato quello culturale.

    Sono anche andata a riguardare la distinzione tra lingua e dialetto, per amor di precisione e la storia è lunga, perchè va in primis considerato come nasce una lingua, come evolve ed il percorso che fa, per capire bene come funziona il tutto. Però per farla breve, la distinzione è proprio quella di cui scrive Sabina: il dialetto è una lingua a tutti gli effetti, con un proprio vocabolario, una propria grammatica ed una propria e nobile tradizione. La lingua generalmente, invece, ha una diffusione maggiore rispetto al dialetto.

    Per quanto riguarda la classificazione che riporta Arturo, presa da "The Cambridge Encyclopedia Of Language", ho notato che è completamente diversa dalla classificazione dei dialettologi italiani che suddividono in:
    - dialetto settentrionale
    - dialetto toscano
    - dialetto romano
    - dialetto meridionale
    Ciascuno di questi dialetti ha una molteplicità di sottodialetti che differiscono tra loro enormemente, a causa di svariati fattori.
    Inoltre specifico che vengono considerati idiomi a sè il sardo ed il ladino (che viene parlato in Trentino ed in Friuli, scusate, ieri avevo dimenticato il Friuli), vicini all'italiano, ma non considerati dialetti italiani.

    Infine, confermo quanto scritto da Lorenzo: studiare dialettologia all'università è stato interessante e divertente, soprattutto, nel mio caso, perchè durante l'anno mi sono combinata con la monografia sul dialetto ternano, il dialetto della mia città e vi garantisco che a volte "era da murì dalu ride"!!!

    ciao e buon lavoro a tutti

    Valentina
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