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Tradurre verso la lingua materna
Thread poster: CLS Lexi-tech
CLS Lexi-tech
CLS Lexi-tech
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Sep 18, 2005

E' un capisaldo della pratica traduttiva. Eppure, eppure, vedo, adesso che mi sono riaffacciata su proz.com, un malcostume diffuso da parte dei clienti italiani che affidano lavori a traduttori non-madre lingua. Capisco anche il desiderio di lavorare, costi quel che costi, vista la situazione italiana. E capisco anche che sollevero' un altro vespaio (e non potro' controllare le rispostacce essendo in viaggio nei prossimi quattro giorni).
Ma lo inculcano questo principio le universita'it
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E' un capisaldo della pratica traduttiva. Eppure, eppure, vedo, adesso che mi sono riaffacciata su proz.com, un malcostume diffuso da parte dei clienti italiani che affidano lavori a traduttori non-madre lingua. Capisco anche il desiderio di lavorare, costi quel che costi, vista la situazione italiana. E capisco anche che sollevero' un altro vespaio (e non potro' controllare le rispostacce essendo in viaggio nei prossimi quattro giorni).
Ma lo inculcano questo principio le universita'italiane? Capisco utilizzare la traduzione verso l'inglese come esercizio propedeutico e preparatorio, ma soltanto per far rimarcare le differenze (sintattiche, semantiche, connotative) delle due lingue.
Vivo in un paese a bilinguismo diffuso (EN/FR) eppure i traduttori che lavorano nelle due direzioni sono pochi e rari, e di solito cestino subito le domande di lavoro di traduttori debuttanti che si proclamano traduttori verso il francese e verso l'inglese, a meno di circostanze particolari.
Ricevo qualche volta dall'Italia Cv di giovani traduttori che dicono di saper tradurre verso tre lingue, cosa che crea un'impressione diametralmente opposta all'immagine di professionalismo che si vuole suscitare.

Che si puo' fare?

Cari saluti a tutti i colleghi

paola
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Angela Arnone
Angela Arnone  Identity Verified
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Ma è un vespaio su cui bisogna soffermarsi ... Sep 18, 2005

Sono pienamente d'accordo con Paola. Fatico a fare capire che proponendosi come traduttore da e per tutte le lingue esistenti o quasi, non ti fa sembrare il genio della situazione. Tutto il contrario - trasmette l'impressione di presunzione abbinata alla superficialità, in particolare se si nota che chi si offre è appena appena diplomato.
Chiediamoci, le vecchie volpi, perchè offrono solo verso la loro lingua? Perchè sono meno preparati dei giovani traduttori ... o piuttosto perchè s
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Sono pienamente d'accordo con Paola. Fatico a fare capire che proponendosi come traduttore da e per tutte le lingue esistenti o quasi, non ti fa sembrare il genio della situazione. Tutto il contrario - trasmette l'impressione di presunzione abbinata alla superficialità, in particolare se si nota che chi si offre è appena appena diplomato.
Chiediamoci, le vecchie volpi, perchè offrono solo verso la loro lingua? Perchè sono meno preparati dei giovani traduttori ... o piuttosto perchè sono più scafati?
Personalmente preferisco lavorare solo verso l'inglese (notate, notate, altro punto dolente ... mi chiamo Arnone ma sono inglese quindi non vorrei più aver colleghi proz chiedermi se lavoro ANCHE verso l'inglese, quando il mio profilo dice chi sono e come lavoro) perchè so di poter offrire un lavoro affidabile e difendermi nel mio campo, non lasciare le spalle scoperte e, badate, prendere il lavoro ai madrelingue (o si dice madrilingua?) italiani che sicuramente sono più bravi di me.

Direi di più: ci sono innumerevoli profili in proz che sono scritti in un inglese non proprio perfetto e offrono traduzioni verso l'inglese (parlo per l'inglese, perchè oltre all'italiano, no so le altre lingue). Dico, ma con la concorrenza che c'è, perchè dovrebbero scegliere uno che non ha saputo scrivere 30 righe di suo pugno senza sbagliare le preposizioni? Non so se rendo l’idea.
Anche i kudoz sono un campo minato, e non mi dilungo, ma vedere infrante le regole più fondamentali da persone che si dicono traduttori “bilingui” la dice lunga sulla capacità di autocritica di cui siamo capaci.

Ma se vi può consolare, recentemente mi hanno detto che avrei faticato a farmi prendere per un lavoro che richiedeva uno stile giornalistico in quanto vivo da troppo tempo in Italia e ormai avrò perso la dimestichezza con la lingua viva e con il gergo attuale. Preferivano affidare il lavoro a gente in UK che in Italia forse ha fatto una vacanza studio e non conosce bene la lingua fonte, però sono in grado di farsi pagare la bellezza di 25€ a cartella…. Allora il tempo e soldi che investo in internet, giornali, riviste, romanzi contemporanei, TV satellite, proz, sono sprecati. Per un cliente che contesta “uber-cool” dicendo che mi sono sbagliata e ho tradotto in tedesco e che non conosce BFN …. No comment


Paola Ludovici MacQuarrie wrote:

E capisco anche che sollevero' un altro vespaio paola



[Edited at 2005-09-18 15:56]
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Gianni Pastore
Gianni Pastore  Identity Verified
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La legge del mercato e dell'offerta Sep 18, 2005

Paola Ludovici MacQuarrie wrote:

E' un capisaldo della pratica traduttiva. Eppure, eppure, vedo, adesso che mi sono riaffacciata su proz.com, un malcostume diffuso da parte dei clienti italiani che affidano lavori a traduttori non-madre lingua. Capisco anche il desiderio di lavorare, costi quel che costi, vista la situazione italiana. E capisco anche che sollevero' un altro vespaio (e non potro' controllare le rispostacce essendo in viaggio nei prossimi quattro giorni).
Ma lo inculcano questo principio le universita'italiane? Capisco utilizzare la traduzione verso l'inglese come esercizio propedeutico e preparatorio, ma soltanto per far rimarcare le differenze (sintattiche, semantiche, connotative) delle due lingue.
Vivo in un paese a bilinguismo diffuso (EN/FR) eppure i traduttori che lavorano nelle due direzioni sono pochi e rari, e di solito cestino subito le domande di lavoro di traduttori debuttanti che si proclamano traduttori verso il francese e verso l'inglese, a meno di circostanze particolari.
Ricevo qualche volta dall'Italia Cv di giovani traduttori che dicono di saper tradurre verso tre lingue, cosa che crea un'impressione diametralmente opposta all'immagine di professionalismo che si vuole suscitare.

Che si puo' fare?

Cari saluti a tutti i colleghi

paola



Cara Paola
il tema era stato toccato (seppure non in questi termini) qualche giorno fa in un forum di Roberta Anderson, nel quale si parlava della scarsa qualità delle traduzioni dei manuali utente.
Per quanto mi riguarda, ribadisco che i responsabili principali sono i clienti e le agenzie. Se un'agenzia, pur di risparmiare 1 cent a parola, affida il lavoro a qualcuno non madrelingua, di chi è la colpa? Del traduttore? Se il mercato tende al peggio c'è ben poco che possiamo fare. Qui in Italia spesso sento dire che gli sportivi guadagnano troppo, che è uno scandalo che qualcuno che tira calci a un pallone guadagni 20.000 (leggasi ventimila) euro al giorno per 365 giorni all'anno mentre una povera pensionata deve andare avanti con 500 euro al mese. Il fatto è che glieli danno, sti soldi... e chi è quel pazzo che rifiuterebbe un'offerta del genere?
Un saluto
Gianni


 
Claudio Nasso
Claudio Nasso  Identity Verified
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Sono cose che le università italiane ci hanno insegnato Sep 18, 2005

Paola Ludovici MacQuarrie wrote:

E capisco anche che sollevero' un altro vespaio
Ma lo inculcano questo principio le universita'italiane? [...] [/quote]

Dio mio, se un un intervento come il tuo dovesse davvero sollevare un vespaio, saremmo davvero messi male, molto male.

Premesso che condivido in toto il tuo punto di vista, mi sono trovato anche io nella condizione di dover cestinare risposte a mie proposte di lavoro per traduzioni dall'italiano verso lingue straniere e provenienti da traduttori di lingua materna italiana.

Ma questo non basta, avendo semplicemente "declinato" (opzione a disposizione, per esempio, di chi offre un lavoro di traduzione su Proz.com) la proposta di un candidato "italianissimo", sotto tutti gli aspetti, a una mia richiesta di traduzione dall'italiano in inglese, ho ricevuto una e-mail molto "seccata" (eufemismo) che me ne chiedeva perentoriamente la ragione. Dato che "Domandare è lecito, rispondere è cortesia", mi sono premurato di inviare gentile risposta all'interessato spiegando il mio punto di vista, in una forma contenutisticamente molto simile a quella qui da te esposta.

A parte questa divagazione, vorrei solo soffermarmi un attimo sulla tua richiesta "Ma lo inculcano questo principio le università italiane?".

La mia università (Lettere, Corso di Laurea in Lingue e Letterature Straniere Moderne) risale al 1972-1976, l'ho frequentata e conclusa a Torino in un periodo che dichiaro "magico", visto che in quegli anni all'Università di Torino sembrava, come per incanto, che si fosse raccolto un numero relativamente alto di "mostri sacri" delle lingue e letterature straniere. Uno per tutti: Claudio Magris per il tedesco, senza nulla togliere agli altri grandi nomi della lingua e letteratura inglese, americana e spagnola che insegnavano a Torino in quegli anni.

Bene, in questi anni, ciò che veniva inculcato a coloro che dichiaravano di voler fare della traduzione la propria vita professionale, era il concetto fondamentale che le nostre traduzioni avrebbero comunque dovuto prevedere un approccio "passivo" e non certo "attivo" (ovvero, la traduzione verso l'italiano e mai viceversa). Allo stesso modo ci veniva ripetutamente fatto presente che vi era una differenza fondamentale tra la traduzione "letteraria" e quella "commerciale" (nel senso lato di quest'ultimo termine). Ce lo hanno detto e ripetuto per tutti i quattro anni, fino alla noia, facendoci molto ben comprendere che cosa volessero dire le evoluzioni linguistiche e terminologiche che via via avremmo dovuto assorbire dalla nostra lingua materna (alcune rapidissime e altre più "tranquille"), e che tali evoluzioni le avremmo potute assorbire solo in quanto eravamo nati, vivevamo, lavoravamo e partecipavamo alla vita (nel senso generale) del paese in cui eravamo vissuti e continuavamo a vivere.

Da quello che ne so, questo concetto, magari forse non con la stessa veemenza, viene tramesso anche nelle università odierne, ma la scelta finale sul ruolo "passivo" o "attivo" del traduttore dipende solo da noi. Dipende da noi aver assorbito ciò che ci è stato insegnato e dipende da noi decidere che cosa farne della nostra tanto decantata e sbandierata professionalità.

Certo, abbiamo imparato una o più lingue straniere, e molte volte anche molto bene, ma ciò, come dici tu, non ci consente di farci passare per traduttori "attivi" perché, alla fine, quella che viene messa in gioco è, per l'appunto, la nostra professionalità sul prodotto finale e la nostra immagine.

Da parte mia ho un paio di colleghi negli Stati Uniti che traducono in italiano ma che regolarmente mi inviano le loro traduzioni per la revisione prima di consegnarla ai loro committenti finali (dichiarando esplicitamente agli stessi tale procedura). Si tratta di cittadini americani che, a onor del vero, sanno molto bene l'italiano, ne hanno assorbito molte sfumature ma non tutte, appunto per il fatto che sono nati, hanno studiato e vivono la loro vita al di fuori dell'Italia. Questi, meritano rispetto perché la loro professionalità li spinge a mettersi comunque in discussione e a sottoporre il loro lavoro a un "collega" di madrelingua italiana.

Tutt'altra faccenda è chi si fa passare per traduttore "attivo/passivo" senza neanche pensare a una possibilità di questo tipo, senza neanche mettersi a pensare di investire una parte dl proprio introito per garantire al cliente finale un prodotto che sia "realmente" tradotto al meglio. È in questi casi che emerge l'assoluta mancanza di professionalità, anche nel caso in cui, come dici tu, "Capisco anche il desiderio di lavorare, costi quel che costi, vista la situazione italiana".

Questa non può essere in alcun caso una giustificazione quando in gioco c'è la propria professionalità.

Per quanto riguarda la tua domanda "Che cosa si può fare?, beh, e lo dico con tristezza, non si può fare molto, se non cercare di trasmettere, come fai tu, io e molti altri, un "messaggio", declinando le offerte dei traduttori che si spacciano senza remora per "attivo/passivo", spiegando loro il perché la loro proposta viene gentilmente declinata.

Ciao

Claudio






[Modificato alle 2005-09-19 06:12]


 
Claudio Nasso
Claudio Nasso  Identity Verified
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La colpa non è del sistema Sep 18, 2005

Gianni Pastore wrote:

r quanto mi riguarda, ribadisco che i responsabili principali sono i clienti e le agenzie. Se un'agenzia, pur di risparmiare 1 cent a parola, affida il lavoro a qualcuno non madrelingua, di chi è la colpa? Del traduttore? [/quote]

Eh, no, Gianni, mi spiace.

Non si può ragionare così. Scusami. Non si può semplicemente dire, "la colpa non è nostra, la colpa è del sistema". Troppo facile e riduttivo.

La colpa è nostra, la colpa è del traduttore che si spaccia per "attivo", come dicevo nel mio intervento precedente, e non delle "agenzie" e del sistema.

Perfetto, la colpa è nostra perché la nostra professionalità viene messa da parte pur di portare a casa la fattura (a 1 Eurocent in meno).

Proviamo a declinare le offerte di lavoro di traduzione "attiva" e vedrai, forse, che il "sistema squalo" si adeguerà.

Scusami la franchezza, non volevo essere in alcun modo offensivo.

Claudio

[Modificato alle 2005-09-18 16:28]


 
gianfranco
gianfranco  Identity Verified
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... e poi non conviene neppure! Sep 18, 2005

...piccola divagazione...

Gianni Pastore wrote:
...Qui in Italia spesso sento dire che gli sportivi guadagnano troppo, che è uno scandalo che qualcuno che tira calci a un pallone guadagni 20.000 (leggasi ventimila) euro al giorno per 365 giorni...


Beh, dire che un campione di calcio tira calci a un pallone equivale a dire che Picasso faceva i disegnini.
Per questo i calciatori son pagati secondo il loro mercato e i disegnini di Picasso stanno nei musei, o collezioni private.

... fine divagazione ...

Scusate la divagazione sportivo-artistica, torno in argomento.


Secondo me la colpa non è delle agenzie, non solo, ma ne attribuisco un bel 50% ai traduttori, ovviamente solo a coloro che sinceramente credono di saper scrivere bene in una lingua straniera, studiata sui libri, e neppure vissuta per parecchi anni, e accettano lavori per cui non sono preparati o si propongono attivamente loro stessi, come detto da Paola.

C'è da considerare poi che, parlo per me, scrivere in una lingua straniera costa molto più tempo che non nella propria madrelingua, per cui ci sarebbe anche una valutazione economica.

Se posso tradurre bene 2000-3000 parole in italiano di buona qualità, e meno della metà nello stesso tempo, e anche con qualità inferiore, significa che traducendo dall'italiano non mi ci pago la giornata.
E allora, mi domando, perché andare alla ricerca o accettare lavori che non rendono?

Questo vale per me, ovviamente, ma credo che il discorso possa essere tranquillamente generalizzato e si possa dire che fare lavori dall'italiano vero altre lingue, per un traduttore di madrelingua italiana, non conviene neppure.

buona domenica
Gianfranco



[Modificato alle 2005-09-18 16:34]


 
Antonella Andreella (X)
Antonella Andreella (X)  Identity Verified
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Qualche domanda e mezza risposta Sep 18, 2005

Ciao Paola,

è un intervento complesso il tuo e abbastanza articolato perché tiri in ballo diversi fattori, forse troppi, e mi riesce difficile rispondere senza prima chiederti dei chiarimenti e/o specificare alcune cose.

Paola Ludovici MacQuarrie wrote:

vedo, adesso che mi sono riaffacciata su proz.com, un malcostume diffuso da parte dei clienti italiani che affidano lavori a traduttori non-madre lingua.



La domanda è: come fai a vedere da ProZ che i clienti italiani affidano lavori a non madrelingua? Ossia io posso vedere che traduttori italiani traducono verso l'inglese, ad esempio, però non so se chi gli ha commissionato il lavoro è italiano o di altra nazionalità. Tu da cosa lo capisci?

Capisco anche il desiderio di lavorare, costi quel che costi, vista la situazione italiana.


Cosa intendi esattamente con "vista la situazione italiana?"


Vivo in un paese a bilinguismo diffuso (EN/FR) eppure i traduttori che lavorano nelle due direzioni sono pochi e rari,


Infatti, questo semplicemente perché sapere una lingua non equivale a saper tradurre e/o interpretare verso e/o da quella lingua, checché se ne dica, e noi dovremmo essere i primi a non confondere le due cose


e di solito cestino subito le domande di lavoro di traduttori debuttanti che si proclamano traduttori verso il francese e verso l'inglese, a meno di circostanze particolari.


Secondo me sbagli, nel senso che non è preoccupante che un giovane sostenga di saper tradurre in tre lingue, del resto se è giovane non avrà ancora avuto il tempo di rendersi conto che non è così. Il discorso cambia per i meno giovani...


Che si puo' fare?


Se, come dici, noti che i clienti italiani hanno questa pessima abitudine, temo che, stando dall'altra parte della barricata, quella dei fornitori di quei clienti, è difficile dare suggerimenti


Cari saluti
Antonella

PS: la parola corretta è "caposaldo"


 
Gianni Pastore
Gianni Pastore  Identity Verified
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Per carità... Sep 18, 2005

Claudio Nasso wrote:


Eh, no, Gianni, mi spiace.

Non si può ragionare così. Scusami. Non si può semplicemente dire, "la colpa non è nostra, la colpa è del sistema". Troppo facile e riduttivo.

La colpa è nostra, la colpa è del traduttore che si spaccia per "attivo", come dicevo nel mio intervento precedente, e non delle "agenzie" e del sistema.

Perfetto, la colpa è nostra perché la nostra professionalità viene messa da parte pur di portare a casa la fattura (a 1 Eurocent in meno).

Proviamo a declinare le offerte di lavoro di traduzione "attiva" e vedrai, forse, che il "sistema squalo" si adeguerà.

Scusami la franchezza, non volevo essere in alcun modo offensivo.

Claudio

[Modificato alle 2005-09-18 16:28]


...ognuno è liberissimo di avere le proprie opinioni, ci mancherebbe Claudio! Ma sono le agenzie e i clienti che affidano il lavoro e dovrebbero essere loro in prima istanza a dover fare il primo passo per garantire la qualità del lavoro, o mi sono perso qualcosa? Se speriamo in un codice di autoregolamentazione (o chiamiamola "etica" se volete) dei traduttori stiamo freschi.
Bye!


 
Carlotta Minozzi
Carlotta Minozzi  Identity Verified
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Traduttori da e verso la lingua straniera Sep 18, 2005

Ciao a tutti,
non è molto che conosco questo sito, ma lavoro come traduttrice e ho un'agenzia mia (piccola, ci sono solo io) da dieci anni.
Non so bene come sia iniziato nel passato, ma mi sono ritrovata, pur essendo madrelingua italiana, a tradurre verso l'inglese, principalmente manualistica. Ma mai e poi mai avrei consegnato una traduzione verso l'inglese senza averla prima fatta revisionare da un traduttore madrelingua.
Per quanto sembri strano, quindi, ho una maggiore esp
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Ciao a tutti,
non è molto che conosco questo sito, ma lavoro come traduttrice e ho un'agenzia mia (piccola, ci sono solo io) da dieci anni.
Non so bene come sia iniziato nel passato, ma mi sono ritrovata, pur essendo madrelingua italiana, a tradurre verso l'inglese, principalmente manualistica. Ma mai e poi mai avrei consegnato una traduzione verso l'inglese senza averla prima fatta revisionare da un traduttore madrelingua.
Per quanto sembri strano, quindi, ho una maggiore esperienza in traduzioni IT>EN che non viceversa.
Credo che se la correttezza della versione in EN è garantita dalla revisione da parte di un traduttore (non un English native speaker e basta,e per revisione non intendo semplicemente un controllo stilistico/grammaticale, ma anche un confronto tra traduttori su determinati aspetti della traduzione), a volte la traduzione può risultare di una qualità ancora maggiore che se fatta da un traduttore madrelingua EN. Questo perché, soprattutto nel settore della manualistica, ci sono spesso frasi che per un non-italiano risulterebbero incomprensibili o facilmente fraintendibili.
Quindi, per quello che mi riguarda, io mi sento tranquilla, so di offrire un "prodotto" di qualità (solo se revisionato, non mi permetterei di consegnare una sola riga di traduzione non revisionata), alle stesse tariffe di traduttori madrelingua di pari esperienza.
Come titolare di agenzia, anch'io ho sempre "cestinato" CV di persone che sostenevano di conoscere perfettamente diverse lingue: ci sarà sicuramente qualcuno che è in grado di parlare e di tradurre in 3 o 4 lingue, ma diciamo che la probabilità che ti scriva quel qualcuno è così bassa che non vale la pena correre il rischio.
Nello stesso tempo, ho sempre diffidato sia di chi chiede cifre esorbitanti (mi ha capitato di affidare un lavoro legale ad un traduttore che chiedeva cifre da capogiro e che mi ha consegnato un lavoro con errori talmente grossolani da fare vergognare chiunque), sia di chi chiede cifre troppo basse, perché so quanto tempo e dedizione richiedano le traduzioni fatte bene.
Quindi mi rifiuto di lavorare per poche lire, perché posso permettermelo (al limite mi darò a qualcos'altro), ma non mi sento di colpevolizzare chi lavora a poco, anche se rovina il mercato, perché non conosco la realtà in cui vive e non ne conosco le reali necessità.
Un suggerimento fuori tema a tutti: il lavoro di traduttore ti prende, entri in un vortice lavorativo in cui lavorare dodici ore è la norma. Uscite da questo vortice. Io sono stata obbligata a farlo per motivi personali molto tristi e dolorosi, e adesso che, teoricamente, poiché quel piccolo grande amore è diventato un angelo, potrei lavorare nuovamente a quei ritmi, mi sono imposta di non farlo, per rispetto nei confronti della vita.
Un abbraccio a tutti e buon fine domenica,
Carlotta
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Gianni Pastore
Gianni Pastore  Identity Verified
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Ah! Sep 18, 2005

Gianfranco Manca wrote:

...piccola divagazione...

Beh, dire che un campione di calcio tira calci a un pallone equivale a dire che Picasso faceva i disegnini.
Per questo i calciatori son pagati secondo il loro mercato e i disegnini di Picasso stanno nei musei, o collezioni private.

... fine divagazione ...



con me

Vedo che ho toccato un nervo scoperto!
Chiedo scusa, ma è qualcosa che proprio non riesco a comprendere (e ho detto calcio, ma lo stesso vale per il Basket USA etc.) Mi domando allora quanto dovrebbe guadagnare un cardio chirurgo (o anche un semplice paramedico) che salva decine di vite all'anno. Così come pagare 50 milioni di euro per un Picasso mi pare un'insulto a tutti quelli che in Africa muoiono ogni giorno di fame. Ciao


 
Federica D'Alessio
Federica D'Alessio
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Forse è facile e riduttivo.... Sep 18, 2005


Per quanto mi riguarda, ribadisco che i responsabili principali sono i clienti e le agenzie. Se un'agenzia, pur di risparmiare 1 cent a parola, affida il lavoro a qualcuno non madrelingua, di chi è la colpa? Del traduttore? Se il mercato tende al peggio c'è ben poco che possiamo fare.


Eh, no, Gianni, mi spiace.

Non si può ragionare così. Scusami. Non si può semplicemente dire, "la colpa non è nostra, la colpa è del sistema". Troppo facile e riduttivo.


... ma nel mio caso ciò che dice Gianni corrisponde a verità. Sull'argomento avevo aperto anche un forumapposito qualche mese fa.

Diverse volte agenzie mi hanno contattato, dopo che avevo risposto a un annuncio di lavoro per la coppia EN>IT, proponendomi invece lavori IT>EN. Guarda caso a tariffe basse. E nell'oggetto dell'email la mia coppia linguistica era precisata molto bene. In quel periodo fra l'altro, essendo agli inizi, ricevevo poche offerte di lavoro, dunque la frustrazione era doppia: già mi chiamano in pochi, e quelli che mi chiamano vorrebbero una cosa che non so e non voglio fare :S .

Ma al di là di questo, credo che il concetto di madrelingua sia d'altra parte ambiguo e complesso, e che riduttivo è interpretarlo come un dato anagrafico. Non tutti sono madrelingua allo stesso modo. Non c'è a mio parere alcun dato oggettivo per misurare la propria "appartenenza" profonda a una o più lingue. Io sono bilingue tecnicamente, anche se "di ritorno": padre italo-venezuelano, madre italiana. Sono cresciuta sentendo parlare due lingue e le ho imparate così. Ma ho smesso da un po' di fare traduzioni IT>ES che non riguardino solo i settori che conosco davvero a menadito, perchè crescendo l'italiano ha prevalso, perchè dopo aver vissuto in Spagna diversi anni, sono ormai in Italia da un bel po' e mi sono arrugginita. Ciò non toglie che ci siano diverse occasioni in cui scrivendo in italiano, mi rendo conto che mi sto autotraducendo dallo spagnolo, e che lavorando su un testo EN>IT (decisamente la coppia linguistica che mi dà più lavoro), mi rendo conto che forse lo stesso testo l'avrei saputo tradurre meglio in Spagnolo che in Italiano. Mi chiedo spesso quanto e come sono bilingue: il mio vocabolario italiano è ben più ricco di quello spagnolo, ma la mia sintassi tende ad essere più vicina allo spagnolo che all'italiano. E nei momenti di maggiore concentrazione prevale lo spagnolo, senza dubbio.

Per questo credo che si tratti di un fatto estremamente soggettivo e misterioso. Credo che solo le valutazioni sulla singola traduzione, e l'esperienza, possano essere giudici della capacità o meno di un traduttore di lavorare in una certa coppia linguistica. Nessuno può impedire a nessuno di candidarsi per una certa coppia se si ritiene di averne le possibilità e di garantire una certa qualità (ad esempio lavorando in un team "bifronte").

Altro conto è se poi si viene scelti solo perchè il tuo committente sta provando ad abbassare i suoi costi, o se ci si "butta nella mischia" senza avere idea di ciò che si fa e solo facendo leva sul prezzo. Allora lì il discorso è un po' lo stesso di sempre a prescindere dalla coppia linguistica. Ma questo in fin dei conti è marketing, d'acquisto o di vendita che sia. E il marketing è lo strumento principe del mercato. Se accettiamo il mercato, dobbiamo accettare anche queste variabili per quanto spesso vadano a scapito nostro.

I miei due centesimi (più divagazioni) e un saluto a tutti,

Federica


 
Federica D'Alessio
Federica D'Alessio
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Sono d'accordo Sep 18, 2005


Così come pagare 50 milioni di euro per un Picasso mi pare un'insulto a tutti quelli che in Africa muoiono ogni giorno di fame. Ciao


...anche con quest'ultima affermazione di Gianni per quanto vada fuori tema. A parte il fatto che i calciatori non vengono pagati miliardi per la loro bravura, ma di nuovo, per la loro "vendibilità": i loro miliardi si tradurranno in un'esponenziale numero di miliardi nelle tasche di qualcun altro che è bravo solo a muovere i soldi dalla parte giusta. Il che non mi sembra un'arte, francamente.

Federica


 
Catherine Bolton
Catherine Bolton  Identity Verified
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In memoriam
Capisaldo, caposaldi, ecc. Sep 18, 2005

Ciao a tutti,
OK, ammetto di essere polemica. Ma siamo tra colleghi, se non amici, e non c'è bisogno di correggere errori di battitura o altro. Scusa lo sfogo, ma mi pare dovuto.
In secondo luogo, io sono una di quelle traduttrice di madrelingua inglese che rifiuta sempre (e le richieste vengono fin troppo spesso, a dire il vero) di revisionare testi scritti da colleghi italiani. Che faccio, concorrenza con me stessa?
If people want to translate OUT of their language, let them
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Ciao a tutti,
OK, ammetto di essere polemica. Ma siamo tra colleghi, se non amici, e non c'è bisogno di correggere errori di battitura o altro. Scusa lo sfogo, ma mi pare dovuto.
In secondo luogo, io sono una di quelle traduttrice di madrelingua inglese che rifiuta sempre (e le richieste vengono fin troppo spesso, a dire il vero) di revisionare testi scritti da colleghi italiani. Che faccio, concorrenza con me stessa?
If people want to translate OUT of their language, let them be hoist on their own petard.
Catherine
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Cecilia Civetta
Cecilia Civetta  Identity Verified
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Pienamente d’accordo con Federica Sep 18, 2005

Non si può generalizzare. A volte ho l’impressione che si attribuisca troppa importanza a questo fatto un po’ ambiguo di essere o no madrelingua, e si trascurino invece altri aspetti altrettanto importanti, come la buona conoscenza della lingua d’origine, per esempio, e perché no, la vera padronanza della propria lingua, la lingua verso la quale si traduce (a volte è meglio un traduttore non madrelingua che un madrelingua non traduttore, non so se mi spiego).
La mia lingua matern
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Non si può generalizzare. A volte ho l’impressione che si attribuisca troppa importanza a questo fatto un po’ ambiguo di essere o no madrelingua, e si trascurino invece altri aspetti altrettanto importanti, come la buona conoscenza della lingua d’origine, per esempio, e perché no, la vera padronanza della propria lingua, la lingua verso la quale si traduce (a volte è meglio un traduttore non madrelingua che un madrelingua non traduttore, non so se mi spiego).
La mia lingua materna è lo spagnolo, ma vivo in Italia da sei anni, e prima di venire in Italia ho studiato l’italiano e tradotto dall’italiano per ben otto anni... So di conoscere la grammatica italiana meglio di mio marito, che è italiano... (non traduttore!) Ebbene, ho dei clienti che ogni tanto mi fanno fare traduzioni commerciali in italiano. Devo rifiutare?
Avete letto quest’articolo? http://www.proz.com/translation-articles/articles/289/1/Sorry-Guys,-You-Can't-Win
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Jennifer Baker
Jennifer Baker  Identity Verified
United States
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Ben detto! Sep 19, 2005

cbolton wrote:

Ciao a tutti,
OK, ammetto di essere polemica. Ma siamo tra colleghi, se non amici, e non c'è bisogno di correggere errori di battitura o altro. Scusa lo sfogo, ma mi pare dovuto.
In secondo luogo, io sono una di quelle traduttrice di madrelingua inglese che rifiuta sempre (e le richieste vengono fin troppo spesso, a dire il vero) di revisionare testi scritti da colleghi italiani. Che faccio, concorrenza con me stessa?
If people want to translate OUT of their language, let them be hoist on their own petard.
Catherine




Sono completamente d'accordo.
Jennifer


 
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