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Italian to Spanish: ¿HACIA UNOS SERVICIOS DE INTELIGENCIA EUROPEOS? General field: Law/Patents
Source text - Italian L’era apertasi l’11 settembre 2001 sta, in un certo senso, venendo al suo compimento, e il presente, non meno che il futuro, sembra alquanto ricco di incognite. A questa era che sta finendo non è stato ancora dato un nome. Peraltro nel Medio Evo ancora non sapevano di essere nel Medio Evo. Potremmo parlare dell’era dell’insicurezza globale. Un’era che si chiude, appunto, con l’uscita dalla crisi pandemica da covid-19, che ha portato a nuove forme di collaborazione tra i popoli e le nazioni, per un verso, ma anche a una riqualificazione degli stati nazionali. Durante questa era, le comunità di intelligence del mondo occidentale si sono ristrutturare, per uscire dagli schemi della Guerra fredda. Hanno dovuto in parte abbandonare gli schemi, cosiddetti, ‘vestfaliani’, per essere in grado di affrontare le nuove minacce, sempre più “liquide”, sempre meno descrivibili con il paradigma interno/esterno. Ora, la ristrutturazione di un’organizzazione – analogamente a quel che accade con gli edifici – si dice che funzioni bene quando è duratura. E una ristrutturazione si può definire duratura quando assicura il buon funzionamento dell’organizzazione – o la tenuta dell’edificio, se vogliamo restare alla metafora – per un tempo superiore a quello intercorso dall’ultima ristrutturazione. È utile sapere come sono andate queste ristrutturazioni, in vista di una sempre maggiore collaborazione tra le agenzie d’intelligence dell’Occidente e in particolare dell’Europa. È ovvio che non ci sarà mai una Intelligence Community globale. Il concetto stesso di Intelligence rimanda a quello di stato nazionale sovrano. Un’intelligence globale presuppone una sovranità globale. Ma in un mondo siffatto, ci sarebbe ancora bisogno di intelligence? Forse basterebbe la polizia. Per quel che riguarda l’Europa, il discorso è un po’ diverso. L’Europa è già stata, nel passato, uno spazio politico comune, con un proprio sistema difensivo unitario. Certo, il quadro è stato sempre piuttosto dinamico, a volte incerto, con forti chiaroscuri. Ma non si potrà negare l’unitarietà politica dell’Impero romano e nemmeno dell’Impero carolingio, pur con tutte le dinamiche centrifughe che caratterizzavano quest’ultimo. Né si può negare una certa unitarietà alla storia europea anche nei momenti dei più sanguinosi conflitti intraeuropei. Ancora oggi fa discutere la tesi di Nolte sulla guerra civile europea, che legge il fascismo come reazione al bolscevismo, nel contesto di uno scontro ideologico intraeuropeo. Nolte è stato criticato per il suo revisionismo, che porterebbe verso una sorta di giustificazione storica del fascismo. Noi crediamo al contrario che quella tesi consenta oggi una lettura coerente della storia europea, comprendente al proprio interno anche il crollo del comunismo e gli orrori delle guerre balcaniche. L’Europa non è esente da orrori e, come scriveva Benedetto Croce ne L’Anticristo che è in noi, all’indomani della fine della fine della Seconda guerra mondiale, fare i conti con il proprio lato oscuro non significa rinnegare la propria identità. Insomma, i conflitti intraueropei non sono un motivo valido per negare l’unitarietà della storia europea. Questo per ribadire che gli sforzi attuali verso una sovranità condivisa in Europa hanno radici salde nella nostra storia. E una sovranità condivisa – che non significa necessariamente una sovranità comune – significa anche un’intelligence community europea.
Translation - Spanish La nueva era que se abrió el 11 de septiembre de 2001 está, en cierta medida, alcanzando su plenitud, y el presente, así como el futuro, parece repleto de incertidumbre. Esta era que está terminando aún no tiene nombre. Por otra parte, quienes vivían en la Edad Media no sabían que estaban en la “Edad Media”. Se podría hablar de la era de la inseguridad global. Una era que termina, precisamente, con la salida de la crisis pandémica provocada por el COVID-19, que ha dado lugar, por un lado, a nuevas formas de colaboración entre pueblos y naciones y, por otro, a una renovación de los estados-nación. Durante esta era las comunidades de inteligencia del mundo occidental se renovaron para romper con los esquemas de la Guerra Fría. De hecho, han tenido que abandonar parcialmente los esquemas denominados 'westfalianos' para hacer frente a las nuevas amenazas, cada vez más "líquidas" y cada vez menos difíciles de describir utilizando el paradigma interior/exterior. Pues bien, se dice que la renovación de una organización, al igual que para los edificios, es eficaz si es duradera. Asimismo, una renovación puede definirse duradera si garantiza el buen funcionamiento de la organización – o la estabilidad del edificio, para retomar la metáfora – durante un período de tiempo más largo que el transcurrido desde la última renovación.
Es útil conocer lo que se cambió con estas renovaciones, con vistas a una colaboración cada vez más estrecha entre las agencias de inteligencia de Occidente y sobre todo de Europa. Parece evidente que nunca habrá una Comunidad de Inteligencia global. El mismo concepto de Inteligencia se refiere al de un estado-nación soberano. Un servicio de inteligencia global presupone una soberanía global. Sin embargo, si el mundo fuera así, ¿seguirían siendo necesarios los servicios de inteligencia? Quizás, la policía sería suficiente. Por lo que concierne a Europa, el discurso es bastante diferente. Europa ya ha sido, en el pasado, un espacio político común, con su propio sistema de defensa unitario. Desde luego, el contexto siempre ha sido muy dinámico, a veces incierto, y con muchos altibajos. Pero, no se puede negar la unidad política del Imperio Romano y del Imperio Carolingio, a pesar de las dinámicas centrífugas que caracterizaron la historia de este último. Tampoco se puede negar cierta unidad en la historia europea, incluso en los momentos de los conflictos intraeuropeos más sangrientos. Todavía hoy la tesis de Nolte sobre la guerra civil europea suscita debates. Según el historiador y filósofo, el fascismo fue una reacción al bolchevismo, en el contexto de un enfrentamiento ideológico intraeuropeo. Nolte fue criticado por su revisionismo, que llevaría hacia una forma de justificación histórica del fascismo. En cambio, nosotros creemos que esta tesis permite dar hoy una interpretación coherente de la historia europea, incluyendo también la caída del comunismo y los horrores de las guerras balcánicas. Europa no está exenta de horrores y, como escribió Benedetto Croce en L’Anticristo che è in noi, inmediatamente después de la Segunda Guerra Mundial, reconocer su propio lado oscuro no significa renegar de su propia identidad. Por lo tanto, los conflictos intraeuropeos no son una razón válida para negar la unidad de la historia europea. Esto para subrayar que los esfuerzos actuales hacia una soberanía compartida en Europa tienen raíces firmes en nuestra historia. Además, una soberanía compartida – que no significa necesariamente una soberanía común – significaría también una comunidad de inteligencia europea.
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Master's degree - Università degli Studi Internazionali di Roma (UNINT)
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