Glossary entry (derived from question below)
English term or phrase:
salami tactics
Italian translation:
tattica del salame
Added to glossary by
Lorenzo Lilli
Nov 27, 2003 01:20
20 yrs ago
English term
salami tactics
Non-PRO
English to Italian
Art/Literary
Si parla di Khomeini e di come sia arrivato al potere, rovesciando lo scià, attraverso un'alleanza con partiti di sinistra.
Khomeini overthrew the shah. To be sure, he very quickly got rid of his left-wing allies. His Islamic revolution offered a curious example of "salami tactics" turned against the communists, instead of used on their behalf - the revolutionary leaders cutting one slice after another off the revolutionary salami.
Il concetto è chiaro, e "tattica del salame" ha qualche attestazione, ma non mi convince tanto, non mi semrba immediato come in inglese. Vi sembra ci siano idee migliori o tengo questa? grazie
Khomeini overthrew the shah. To be sure, he very quickly got rid of his left-wing allies. His Islamic revolution offered a curious example of "salami tactics" turned against the communists, instead of used on their behalf - the revolutionary leaders cutting one slice after another off the revolutionary salami.
Il concetto è chiaro, e "tattica del salame" ha qualche attestazione, ma non mi convince tanto, non mi semrba immediato come in inglese. Vi sembra ci siano idee migliori o tengo questa? grazie
Proposed translations
(Italian)
3 +3 | tattica del salame |
Antonella DI FAZIO (X)
![]() |
5 | La "tattica del tagliare grosso sottile " |
Ivan Petryshyn
![]() |
4 | v. sotto |
smarinella
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Proposed translations
+3
7 hrs
Selected
tattica del salame
Da: IL GIORNALE 23 ottobre 2003
IL VIZIO DELL’EGEMONIA
Ancora una volta, come nel 1996 e più in generale nella storia prima del Partito comunista e poi delle forze che ne sono derivate, il punto cruciale nei rapporti tra la tradizione comunista (anche quella italiana di ispirazione marxista-gramsciana ed antiriformista), e le altre forze politiche, si chiama egemonia. L’egemonia che per ragioni teoriche e per capacità politiche il comunista o il postcomunista esercita nei confronti degli alleati e degli interlocutori che si illudono di potere dialogare alla pari.
Questo, per così dire, “complesso di superiorità” delle forze politiche di tradizione comunista ha non solo un’origine ideologica. In Italia la superiorità comunista si è storicamente affermata a sinistra perché il PCI è divenuto nel tempo sempre più la forza maggiore della sinistra, con la più solida e capillare organizzazione, con un esercito di quadri di cui nessun altro partito si è potuto giovare, con un’opinione di sostegno da parte degli intellettuali e dei media senza pari, e quindi con la capacità di erodere tutte le altre formazioni collocate a sinistra sia di tradizione socialista, sia laica e cattolica. Benedetto Croce, sessant’anni fa, analizzando il rapporto tra comunisti e socialisti, scriveva lucidamente che una delle due forze avrebbe inevitabilmente finito per inglobare l’altra, e purtroppo così è avvenuto, nonostante quella che potremmo chiamare “l’eroica” resistenza prima di Giuseppe Saragat e poi di Bettino Craxi. Del resto è nota l’atteggiamento di Palmiro Togliatti di annettersi gli alleati e i vicini politici attraverso la “tattica del salame”, cioè tagliando a fettine le forze amiche e mangiandole pezzo a pezzo. Gli indipendenti di sinistra sono stati per molti anni lo strumento attraverso cui è stata attuata l’espansione comunista.
Romano Prodi, in fondo, è l’ultimo indipendente di sinistra e come tale è stato trattato nel 1998 dopo l’uso che ne è stato fatto nel 1996; ed oggi vi sono tutti i segni che il copione si ripeta. Certo, con il tramonto della "prima” Repubblica, le cose sono in parte cambiate per quel che riguarda il PCI che non esiste più nella forma e nella forza tradizionale dei primi cinquant’anni di Repubblica. Ma ciononostante è incontestabile che i Democratici di sinistra continuino ad essere il partito più forte e più insediato tra i vari gruppi dell’Ulivo o di come si chiama oggi. E, soprattutto, resta il fatto che l’intera classe dirigente diessina, proveniente dalla scuola ideologica e cresciuta nella prassi politica di un partito che si è sempre considerato “speciale”, “diverso” ed “egemone”, (vedi gli illuminanti taccuini di Tatò nel suo rapporto con Enrico Berlinguer) con i riflessi condizionati che le derivano dalla sua formazione e storia.
Per questo non c’è da stupirsi di ciò che è stato detto su Prodi, vale a dire che se serve come leader per vincere una battaglia elettorale, lo si prende, altrimenti si passa oltre. Del resto questa è la logica naturale di una leadership costruite a tavolino, fuori dalle battaglie ideali, fuori dalle scelte sui temi discriminanti ed estranea a qualsiasi processo selettivo nel fuoco della politica. Cosa può aspettarsi Prodi? Che venga officiato per grazia divina o perché ha una lunga carriera di tecnocrate? Evidentemente è una pretesa che poggia sul vuoto proprio perché estranea all’unico terreno che legittima la leadership politiche: quello dello scontro e delle scelte talvolta costose.
Come si vede ogni giorno, sia l’alleanza ulivista con i cossuttiani, i verdi e massimalisti diessini, sia ancor più la coalizione con Bertinotti e Di Pietro, sono alleanze assai variegate, contraddittorie e precarie. E la leadership di Prodi non nasce da una scelta tra le contraddizioni politiche e ideali delle parti che dovrebbero comporre l’alleanza. Questa la ragione per cui tutti i discorsi sul primato di questo o quello, a cominciare dal presidente europeo, sono fondati sul puro gioco politicistico che non può che vedere trionfare il personale professionista più esperto, quello appunto di tradizione e formazione comunista.
il Giornale
23 ottobre 2003
IL VIZIO DELL’EGEMONIA
Ancora una volta, come nel 1996 e più in generale nella storia prima del Partito comunista e poi delle forze che ne sono derivate, il punto cruciale nei rapporti tra la tradizione comunista (anche quella italiana di ispirazione marxista-gramsciana ed antiriformista), e le altre forze politiche, si chiama egemonia. L’egemonia che per ragioni teoriche e per capacità politiche il comunista o il postcomunista esercita nei confronti degli alleati e degli interlocutori che si illudono di potere dialogare alla pari.
Questo, per così dire, “complesso di superiorità” delle forze politiche di tradizione comunista ha non solo un’origine ideologica. In Italia la superiorità comunista si è storicamente affermata a sinistra perché il PCI è divenuto nel tempo sempre più la forza maggiore della sinistra, con la più solida e capillare organizzazione, con un esercito di quadri di cui nessun altro partito si è potuto giovare, con un’opinione di sostegno da parte degli intellettuali e dei media senza pari, e quindi con la capacità di erodere tutte le altre formazioni collocate a sinistra sia di tradizione socialista, sia laica e cattolica. Benedetto Croce, sessant’anni fa, analizzando il rapporto tra comunisti e socialisti, scriveva lucidamente che una delle due forze avrebbe inevitabilmente finito per inglobare l’altra, e purtroppo così è avvenuto, nonostante quella che potremmo chiamare “l’eroica” resistenza prima di Giuseppe Saragat e poi di Bettino Craxi. Del resto è nota l’atteggiamento di Palmiro Togliatti di annettersi gli alleati e i vicini politici attraverso la “tattica del salame”, cioè tagliando a fettine le forze amiche e mangiandole pezzo a pezzo. Gli indipendenti di sinistra sono stati per molti anni lo strumento attraverso cui è stata attuata l’espansione comunista.
Romano Prodi, in fondo, è l’ultimo indipendente di sinistra e come tale è stato trattato nel 1998 dopo l’uso che ne è stato fatto nel 1996; ed oggi vi sono tutti i segni che il copione si ripeta. Certo, con il tramonto della "prima” Repubblica, le cose sono in parte cambiate per quel che riguarda il PCI che non esiste più nella forma e nella forza tradizionale dei primi cinquant’anni di Repubblica. Ma ciononostante è incontestabile che i Democratici di sinistra continuino ad essere il partito più forte e più insediato tra i vari gruppi dell’Ulivo o di come si chiama oggi. E, soprattutto, resta il fatto che l’intera classe dirigente diessina, proveniente dalla scuola ideologica e cresciuta nella prassi politica di un partito che si è sempre considerato “speciale”, “diverso” ed “egemone”, (vedi gli illuminanti taccuini di Tatò nel suo rapporto con Enrico Berlinguer) con i riflessi condizionati che le derivano dalla sua formazione e storia.
Per questo non c’è da stupirsi di ciò che è stato detto su Prodi, vale a dire che se serve come leader per vincere una battaglia elettorale, lo si prende, altrimenti si passa oltre. Del resto questa è la logica naturale di una leadership costruite a tavolino, fuori dalle battaglie ideali, fuori dalle scelte sui temi discriminanti ed estranea a qualsiasi processo selettivo nel fuoco della politica. Cosa può aspettarsi Prodi? Che venga officiato per grazia divina o perché ha una lunga carriera di tecnocrate? Evidentemente è una pretesa che poggia sul vuoto proprio perché estranea all’unico terreno che legittima la leadership politiche: quello dello scontro e delle scelte talvolta costose.
Come si vede ogni giorno, sia l’alleanza ulivista con i cossuttiani, i verdi e massimalisti diessini, sia ancor più la coalizione con Bertinotti e Di Pietro, sono alleanze assai variegate, contraddittorie e precarie. E la leadership di Prodi non nasce da una scelta tra le contraddizioni politiche e ideali delle parti che dovrebbero comporre l’alleanza. Questa la ragione per cui tutti i discorsi sul primato di questo o quello, a cominciare dal presidente europeo, sono fondati sul puro gioco politicistico che non può che vedere trionfare il personale professionista più esperto, quello appunto di tradizione e formazione comunista.
il Giornale
23 ottobre 2003
Peer comment(s):
agree |
Simo Blom
1 min
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grazie
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agree |
Valentina Pecchiar
3 hrs
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grazie Muja!
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agree |
giogi
: è precisamente così che si dice...VERAMENTE SEI TU CHE HAI RAGIONE!!!!!!!!
4 hrs
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già giovanna come al solito hai ragione...a me dà l'impressione di una espressione alquanto buffa
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4 KudoZ points awarded for this answer.
Comment: "Grazie a tutte!"
6 mins
La "tattica del tagliare grosso sottile "
It can be a substantivized phrase which seems to render the meaning in a more italinized way .
5 hrs
v. sotto
io renderei liberamente:
la riv. islamica, nei confronti dei comunisti, ha applicato alla lettera la cosiddetta "tecnica dell'affettato" tagliandoli a fette o per dir meglio facendoli a pezzi. Fetta dopo fetta,...
è in forma molto grezza, certo, ma è solo un inizio che puoi limare come credi..
la riv. islamica, nei confronti dei comunisti, ha applicato alla lettera la cosiddetta "tecnica dell'affettato" tagliandoli a fette o per dir meglio facendoli a pezzi. Fetta dopo fetta,...
è in forma molto grezza, certo, ma è solo un inizio che puoi limare come credi..
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