Off topic: Una notizia di questi giorni... Thread poster: Jean-Marie Le Ray
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Salve,
Non faccio la citazione in extenso anche se mi piacerebbe, ma preferisco stuzzicare la vs. curiosità sperando che avrete la pazienza di leggere dall'inizio alla fine e che potremo poi scambiare cose interessanti. Dopo tutto, non se ne parla mai, ma a quanto pare, fa anche parte della vita...
Jean-Marie
[Edited at 2005-10-14 07:30] | | | Non accada mai più | Oct 14, 2005 |
Ciao Jean-Marie
Ho letto l'articolo da te indicato nel link. Tra l'altro, il brano non richiedeva neppure una particolare pazienza, visto che, in primo luogo, non era lunghissimo, e poi era così incisivo, sia per la forma che, specialmente, per il contenuto, che l'ho letto davvero tutto d'un fiato.
Che dire: sono rimasto davvero sconcertato, come credo rimarrebbe qualunque altro lettore. Aggiungo anche che non avevo mai sentito parlare di nostri colleghi ai quali sia c... See more Ciao Jean-Marie
Ho letto l'articolo da te indicato nel link. Tra l'altro, il brano non richiedeva neppure una particolare pazienza, visto che, in primo luogo, non era lunghissimo, e poi era così incisivo, sia per la forma che, specialmente, per il contenuto, che l'ho letto davvero tutto d'un fiato.
Che dire: sono rimasto davvero sconcertato, come credo rimarrebbe qualunque altro lettore. Aggiungo anche che non avevo mai sentito parlare di nostri colleghi ai quali sia capitata una tale disgrazia, e sottolineo disgrazia perché sono convinto che un gesto del genere non vada quasi mai attribuito interamente a chi lo compie, ma in gran parte a tutta una serie di tristissime circostanze e stati d'animo di cui purtroppo, come si evince dallo stesso articolo, l'atto in sé è solo la conseguenza finale.
Per di più mai avrei pensato che ciò potesse capitare a ben tre traduttori, peraltro contemporanei e legati allo stesso settore, che è quello della traduzione letteraria.
Posso solo dire, a questo punto, anche rischiando di sembrare banale, che mi auguro davvero che ciò non debba ripetersi mai più per nessuno di noi, traduttore o meno che sia.
In particolare mi auguro che la situazione economica e lavorativa mondiale, non solo quella relativa al nostro campo, possano davvero iniziare a migliorare. Si spera così che chi si trova in difficoltà possa sempre trovare nuove possibilità di ripresa e non essere mai indotto, neppure lontanamente, a pensare ad una prospettiva così assurda come quella che si è profilata per i nostri tre sfortunati colleghi.
Ciao,
Gaetano ▲ Collapse | | | Laura Gentili Italy Local time: 02:56 Member (2003) English to Italian + ... La mia opinione | Oct 14, 2005 |
Con tutto il dovuto rispetto per chi fa una scelta così estrema, l'articolo mi sembra molto fazioso, in quanto cerca di stabilire un rapporto di causa-effetto fra precarietà del lavoro e scelta del suicidio. Secondo me il problema è mal posto: la precarietà materiale NON è la causa del suicidio. Si potrebbe forse affermare che una percentuale di intellettuali che si dedicano al lavoro letterario, curatoriale, redazionale e di traduzione sono soggetti a crisi depressive e quindi esposti in m... See more Con tutto il dovuto rispetto per chi fa una scelta così estrema, l'articolo mi sembra molto fazioso, in quanto cerca di stabilire un rapporto di causa-effetto fra precarietà del lavoro e scelta del suicidio. Secondo me il problema è mal posto: la precarietà materiale NON è la causa del suicidio. Si potrebbe forse affermare che una percentuale di intellettuali che si dedicano al lavoro letterario, curatoriale, redazionale e di traduzione sono soggetti a crisi depressive e quindi esposti in maggior misura al rischio del suicidio. Ma più in là di questo non andrei. Nel mondo c'è tantissima gente che vive nella precarietà più assoluta e non per questo pensano a suicidarsi. Mi viene in mente una famosa frase di Hume: non sappiamo se il sole sorgerà anche domani, pur avendolo visto sorgere oggi. La precarietà è da millenni parte integrante della vita umana. Si potrebbero citare casi ancor più numerosi di suicidi dovuti a una vita impiegatizia non precaria ma di terrificante grigiore.
Per quanto riguarda Cesarano (di cui conosco bene il figlio, Guido), è assolutamente falso legare la scelta del suicidio all'impegno poetico.
[Edited at 2005-10-14 14:52] ▲ Collapse | |
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Sono d'accordo con tutte le riflessioni... | Oct 15, 2005 |
...ma devo comunque dire che, almeno per me, è vero che traduzione fa spesso rima con depressione.
Sicuramente ci sono tanti motivi per cui si decide di suicidarsi, si tratta di un mistero quasi insondabile, però per me il semplice fatto di sedere davanti al PC per ore, di combattere per poter riuscire a "uccidere" delle parole (con "uccidere" intendo trovare finalmente il significato in italiano), spesso mi crea una profonda depressione.
Ricordo di aver parlato una volta con una... See more ...ma devo comunque dire che, almeno per me, è vero che traduzione fa spesso rima con depressione.
Sicuramente ci sono tanti motivi per cui si decide di suicidarsi, si tratta di un mistero quasi insondabile, però per me il semplice fatto di sedere davanti al PC per ore, di combattere per poter riuscire a "uccidere" delle parole (con "uccidere" intendo trovare finalmente il significato in italiano), spesso mi crea una profonda depressione.
Ricordo di aver parlato una volta con una collega, che mi ha detto di essere passata dalla libera professione al lavoro di interprete/traduttrice impiegata, e di aver visto così scomparire la depressione che l'accompagnava quando faceva la traduttrice free-lance.
Ho notato anche che la depressione scompare non appena smetto di lavorare per qualche giorno.
Mi piacerebbe sapere se è qualcosa che colpisce anche altri.
ciao
Giusi ▲ Collapse | | | La mia frustrazione | Oct 16, 2005 |
Grazie a Gaetano, Laura e Giuseppina per aver risposto.
Le mie prime sensazioni, forti, quando ho letto quest'articolo sono state molto vicine a quelle descritte da Gaetano.
Però volevo sentire altri pareri perché sentivo che quelle sensazioni, appunto, erano incomplete.
Mi mancava qualcosa, ma non sapevo che cosa.
Il messaggio di Laura è stato illuminante, credo che ha colto il nocciolo in un modo molto intelligente, molto femminile anche, e mi ha aperto... See more Grazie a Gaetano, Laura e Giuseppina per aver risposto.
Le mie prime sensazioni, forti, quando ho letto quest'articolo sono state molto vicine a quelle descritte da Gaetano.
Però volevo sentire altri pareri perché sentivo che quelle sensazioni, appunto, erano incomplete.
Mi mancava qualcosa, ma non sapevo che cosa.
Il messaggio di Laura è stato illuminante, credo che ha colto il nocciolo in un modo molto intelligente, molto femminile anche, e mi ha aperto un squarcio di comprensione che non avrei avuto senza leggere le sue parole.
Quello di Giuseppina invece, è quello che mi colpisce di più, perché mi sento vicino a quello che scrive, anche se nel mio caso non di depressione trattasi, ma di rabbia.
Io amo profondamente il mio mestiere, amo profondamente quello che faccio, a soprattutto amo farlo bene. Ed è proprio lì il nocciolo della questione: trovo che il mercato, o la domanda, o l'offerta, ovvero come ci piace di più chiamarlo, ci mette spessissimo, troppo, in condizioni di non lavorare bene, per cui a lungo andare uno perde l'entusiasma, e perde anche il gusto di lavorare in una certa maniera.
La parola che caratterizza meglio il sentimento che provo nei confronti del nostro mestiere è questa: FRUSTRAZIONE
E credo di non essere l'unico a provare questo. Ora concepisco anche che la frustrazione (indipendentemente del o dei motivi che ne sono la causa) quando diventa troppo grande e ti mangia la vita può portare a gesti estremi.
Ed in quei casi ognuno rimane solo con il proprio mistero della (sua) vita.
Io per fortuna ho tanti altri interessi al di fuori della traduzione, a cominciare dalla famiglia e dal mio figlio che mi fa vedere e sentire la (mia) vita in tutt'altro modo rispetto a prima.
Mi colspice tra l'altro che in parallelo a questo argomento c'è ne un altro appena iniziato da Florelle ( http://www.proz.com/topic/37921 ), che parla della vita.
Ma come dicevo aprendo questo thread, anche di questo
non se ne parla mai, ma a quanto pare, fa anche parte della vita...
Jean-Marie
[Edited at 2005-10-16 18:46] ▲ Collapse | | | Hai davvero ragione... | Oct 16, 2005 |
victorhugo wrote:
G
Io amo profondamente il mio mestiere, amo profondamente quello che faccio, a soprattutto amo farlo bene. Ed è proprio lì il nocciolo della questione: trovo che il mercato, o la domanda, o l'offerta, ovvero come ci piace di più chiamarlo, ci mette spessissimo, troppo, in condizioni di non lavorare bene, per cui a lungo andare uno perde l'entusiasma, e perde anche il gusto di lavorare in una certa maniera.
La parola che caratterizza meglio il sentimento che provo nei confronti del nostro mestiere è questa: FRUSTRAZIONE
E credo di non essere l'unico a provare questo. Ora concepisco anche che la frustrazione (indipendentemente del o dei motivi che ne sono la causa) quando diventa troppo grande e ti mangia la vita può portare a gesti estremi.
..
In effetti, il termine più esatto è proprio frustrazione, anche per me. Quando ho cominciato a tradurre, 11 anni fa, amavo profondamente questo lavoro, così come leggere e scrivere (il PC, beh, quello non l'ho mai amato tanto dall'inizio).
Con l'andare del tempo, purtroppo, ho perso molto dell'entusiasmo e a volte odio il mio lavoro (ma questo forse capita a tutti). L'unica cosa che ancora mi piace è Internet...
Poi però penso anche che sono comunque fortunata rispetto a tante altre persone (che devono prendere la macchina ogni mattina, lasciare i figli, come si dice nell'altro forum, avere sempre gli stessi orari, ecc.) e quindi alla fine mi consolo così, e anche con il fatto che comunque ho fatto qualcosa che "avevo scelto" di fare e non qualcosa che mi "è capitato" di fare.
grazie per aver postato questo argomento
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