Glossary entry (derived from question below)
English term or phrase:
ghetto blaster
Italian translation:
invariato sì ma tutto attaccato, ghettoblaster, meglio ancora radione ghettoblaster
Added to glossary by
Fiamma Lolli
Oct 25, 2007 16:21
16 yrs ago
English term
ghetto blaster
English to Italian
Other
Gaming/Video-games/E-sports
-
A Knight in Camelot“ (1998 ) with Whoopi Goldberg as the physicist, Dr Vivian Morgan who follows in the footsteps of Twain’s Hank Morgan complete with functioning laptop and ghetto-blaster.
Proposed translations
(Italian)
Change log
Oct 26, 2007 09:25: Fiamma Lolli Created KOG entry
Proposed translations
+2
12 mins
Selected
invariato
Io, che tradurrei anche popcorn e skateboard :) , per una volta lo lascerei invariato.
Già, e chi non sa che cos'è? Ahimè, lo imparerà...
Un radioregistratore portatile è una cosa da intervistatori: può essere molto piccolo, oramai addirittura micronizzato. Oppure non tanto piccolo, non tanto professionale, ma sempre non un vero e proprio ghettoblaster. Invece il ghetto blaster è appunto... blasting, è grosso come una casa, ha due casse che fanno boom boom boom... Comunque a Roma, quando apparve per la prima volta, lo chiamavamo "il radione" :)
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Note added at 1 hr (2007-10-25 18:18:47 GMT)
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Accolgo l'ottimo suggerimento di Alfredo: vero che ghetto blaster è culture bound, ma ghetto da solo è culture bound in altro senso, ahinoi ben diverso. Quindi sì, radione portatile. (Grazie Alfredo, che cosa fa il traduttore? Traduce!!!)
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Note added at 17 hrs (2007-10-26 09:27:01 GMT) Post-grading
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Grazie ancora, non tanto per i punti ma per la discussione, davvero emozionante, e per la possibilità di conservarne una parte infinitesimale nella voce di glossario!!!
Già, e chi non sa che cos'è? Ahimè, lo imparerà...
Un radioregistratore portatile è una cosa da intervistatori: può essere molto piccolo, oramai addirittura micronizzato. Oppure non tanto piccolo, non tanto professionale, ma sempre non un vero e proprio ghettoblaster. Invece il ghetto blaster è appunto... blasting, è grosso come una casa, ha due casse che fanno boom boom boom... Comunque a Roma, quando apparve per la prima volta, lo chiamavamo "il radione" :)
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Note added at 1 hr (2007-10-25 18:18:47 GMT)
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Accolgo l'ottimo suggerimento di Alfredo: vero che ghetto blaster è culture bound, ma ghetto da solo è culture bound in altro senso, ahinoi ben diverso. Quindi sì, radione portatile. (Grazie Alfredo, che cosa fa il traduttore? Traduce!!!)
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Note added at 17 hrs (2007-10-26 09:27:01 GMT) Post-grading
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Grazie ancora, non tanto per i punti ma per la discussione, davvero emozionante, e per la possibilità di conservarne una parte infinitesimale nella voce di glossario!!!
4 KudoZ points awarded for this answer.
+6
9 mins
ghetto blaster
questo termine è culture bound, non si può tradurre... chi ha visto Fa' la cosa giusta avrà presente il mitico Radio Raheem! Sono quelle radio portatili immense.
Reference:
Peer comment(s):
neutral |
Fiamma Lolli
: eggià! / Ops, su culture bound, ghetto ecc. leggi l'agree di Alfredo alla mia risposta e la mia ri-risposta. Damn!
3 mins
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Bah, il testo parla di un film americano con protagonista una nera (w.Goldberg), quindi non vedo il problema a usare ghettoblaster, più connotato di così... poi ognuno è libero di sostenere la propia tesi, ci mancherebbe.
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agree |
Micaela Genchi
: Sai che in effetti... :) :)
4 mins
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:)
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agree |
AdamiAkaPataflo
: :-)
27 mins
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agree |
Megan McLarin (X)
: Sì, ormai è una cosa internazionale! (anche se una parola degli anni 80 nell'usa)!!
33 mins
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agree |
Maximillian M Gold
: si, i famosi boom box!!! Dicono "radione" anche dalle mie parti e quindi dico si anche giu...
1 hr
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neutral |
Alfredo Tutino
: ho aggiunto una verbosa spiegazione di quel che accennavo nell'agree a Fiamma - se ti dovesse interessare; comunque, per quel che vale la mia opinione, se proprio si vuole usare, meglio "ghettoblaster" tutto attaccato
5 hrs
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agree |
1000n
: chiaro! oppure anche "ghettoblasta" :-)
5 hrs
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agree |
s_p (X)
: decisamente d'accordo! Magari tutte le domande su Proz.com fossero così divertenti... :)
7 hrs
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8 mins
radioregistratore portatile
dai un'occhiata al link :)
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Note added at 9 mins (2007-10-25 16:31:40 GMT)
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Anche "stereo portatile"
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Note added at 9 mins (2007-10-25 16:31:40 GMT)
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Anche "stereo portatile"
2 hrs
valigione
Sono sicuro che a Roma si chiama così, ma posso capire che in altri contesti non funzioni
4 hrs
mega stereo / megastereo
Beh, se non capiscono il "valigione" di Ganni di certo capiranno questo (sempre che si decida di tradurre).
+3
5 hrs
radione ghettoblaster
A parte la proposta schifosamente di compromesso, che ho messo soprattutto come pretesto per intervenire un po' più diffusamente, quando parlavo di possibili fraintendimenti alludevo a un problema, in larga parte generazionale, di nostro rapporto con la cultura dei neri d'America, oltre che al primitivo significato storico ed "europeo" di "ghetto" come quartiere in cui sono confinati gli ebrei.
Il fatto è che, tra gli anni '60 (e si potrebbe a buon diritto risalire alla Harlem Renaissance dei primi decenni del secolo scorso) e i nostri giorni, la cultura dei neri degli Stati Uniti ha vissuto una complessa evoluzione, o involuzione: per riassumere in due parole un processo di gran lunga più complesso, contraddittorio e molteplice, dalla denuncia di un'esclusione (variamente coniugata con protesta, rivendicazione, rivolta e rivoluzione) alla rivendicazione di un'identità basata sull'esclusione - sul ghetto - come passaporto per il successo individuale. E con una sottile - e pesantissima - ridefinizione del termine "cultura popolare" in "cultura pop" e poi in termini di "industria culturale" tout-court.
Da John Coltrane a Puff Daddy; da Malcom X e LeRoy Jones al Gangsta rap; dal Black Panter al crack; dal guanto nero e dal basco del militante agli ori i pesanti di "quello che ce l'ha fatta". Se cedessi al mio riflesso moralistico da vecchio sessantottardo (come l'omino di Altan, anch'io a volte ho delle opinioni che non condivido...) direi: dall'etica della rivoluzione all'estetica del pappone.
In realtà, come è ovvio, l'analisi dovrebbe essere di gran lunga più complessa e sottile, e non è certo questa la sede. Ma potremmo dire: Martin Luther King voleva eliminare i ghetti - diceva che bianchi e neri possono e devono vivere insieme; la cultura nera che vediamo in molti videoclip, invece, rivendica l'esclusione e la separatezza (e la violenza ne deriva), non solo come un marchio di identità ma come una forza da usare per affermarsi (come individui) in una competizione globale senza esclusione di colpi - competizione (anzi, guerra) di tutti contro tutti) che avviene appunto sul terreno dell'industria culturale.
Ma, per tornare al problema di traduzione da cui siamo partiti quello che mi preme sottolineare è che, considerando l'insieme della popolazione dei possibili lettori italiani, e la rapidissima obsolescenza delle varie ondate delle ideologie (e delle idee) dentro il grande tritatutto della televisione totale, pochi sono quelli che hanno seguito tutta questa storia, o una sua parte consistente cercando di seguire le filiazioni ma mantenere le distinzioni; molti invece sono quelli che ne hanno vista e percepita solo una parte. Per alcuni l'espressione "ghetto nero" è ancora oggi associata soprattutto a "rivolta" e "pantere nere", altri invece pensano a "rap", "hip hop" (e "radione"), moda e show-business (abiti, gesti, atteggiamenti).
E poi gli immigrati di colore che renderebbero variamente pericolose o "invivibili" le nostre ("nostre?") città - "...ma qui da noi non vivono certo nei ghetti!" "Anzi, quelli stanno dappertutto, occupano i nostri quartieri!".
La vulgata corrente, ammesso che qualcuno volesse articolarla in parole esplicite, è che i ghetti neri sono in America - anzi, *erano* in America, ma poi sono scomparsi; e infatti non se ne sente più parlare almeno dai tempi di Reagan. In America ci sono, come in tutto il mondo, dei quartieri degradati pieni di giovani teppisti (e sono quasi tutti negri o comunque stranieri, ma questo non si deve dire ad alta voce perché pare brutto) - ma i ghetti non ci sono più.
Naturalmente, ci può essere molto da discutere e da dissentire in quel che ho detto sopra; ma vorrei tornare a chiedere: immaginando di rivolgersi al concreto pubblico italiano di oggi (e non solo a una sua specifica sezione), e dando per scontato che solo pochi capiscono immediatamente cosa vuol dire "ghettoblaster", quali associazioni può evocare una frase come "con tanto di laptop e ghetto-blaster" (soprattutto se scritto con il trattino, aggiungerei) nelle sue varie e diversificate componenti?
Il fatto è che, tra gli anni '60 (e si potrebbe a buon diritto risalire alla Harlem Renaissance dei primi decenni del secolo scorso) e i nostri giorni, la cultura dei neri degli Stati Uniti ha vissuto una complessa evoluzione, o involuzione: per riassumere in due parole un processo di gran lunga più complesso, contraddittorio e molteplice, dalla denuncia di un'esclusione (variamente coniugata con protesta, rivendicazione, rivolta e rivoluzione) alla rivendicazione di un'identità basata sull'esclusione - sul ghetto - come passaporto per il successo individuale. E con una sottile - e pesantissima - ridefinizione del termine "cultura popolare" in "cultura pop" e poi in termini di "industria culturale" tout-court.
Da John Coltrane a Puff Daddy; da Malcom X e LeRoy Jones al Gangsta rap; dal Black Panter al crack; dal guanto nero e dal basco del militante agli ori i pesanti di "quello che ce l'ha fatta". Se cedessi al mio riflesso moralistico da vecchio sessantottardo (come l'omino di Altan, anch'io a volte ho delle opinioni che non condivido...) direi: dall'etica della rivoluzione all'estetica del pappone.
In realtà, come è ovvio, l'analisi dovrebbe essere di gran lunga più complessa e sottile, e non è certo questa la sede. Ma potremmo dire: Martin Luther King voleva eliminare i ghetti - diceva che bianchi e neri possono e devono vivere insieme; la cultura nera che vediamo in molti videoclip, invece, rivendica l'esclusione e la separatezza (e la violenza ne deriva), non solo come un marchio di identità ma come una forza da usare per affermarsi (come individui) in una competizione globale senza esclusione di colpi - competizione (anzi, guerra) di tutti contro tutti) che avviene appunto sul terreno dell'industria culturale.
Ma, per tornare al problema di traduzione da cui siamo partiti quello che mi preme sottolineare è che, considerando l'insieme della popolazione dei possibili lettori italiani, e la rapidissima obsolescenza delle varie ondate delle ideologie (e delle idee) dentro il grande tritatutto della televisione totale, pochi sono quelli che hanno seguito tutta questa storia, o una sua parte consistente cercando di seguire le filiazioni ma mantenere le distinzioni; molti invece sono quelli che ne hanno vista e percepita solo una parte. Per alcuni l'espressione "ghetto nero" è ancora oggi associata soprattutto a "rivolta" e "pantere nere", altri invece pensano a "rap", "hip hop" (e "radione"), moda e show-business (abiti, gesti, atteggiamenti).
E poi gli immigrati di colore che renderebbero variamente pericolose o "invivibili" le nostre ("nostre?") città - "...ma qui da noi non vivono certo nei ghetti!" "Anzi, quelli stanno dappertutto, occupano i nostri quartieri!".
La vulgata corrente, ammesso che qualcuno volesse articolarla in parole esplicite, è che i ghetti neri sono in America - anzi, *erano* in America, ma poi sono scomparsi; e infatti non se ne sente più parlare almeno dai tempi di Reagan. In America ci sono, come in tutto il mondo, dei quartieri degradati pieni di giovani teppisti (e sono quasi tutti negri o comunque stranieri, ma questo non si deve dire ad alta voce perché pare brutto) - ma i ghetti non ci sono più.
Naturalmente, ci può essere molto da discutere e da dissentire in quel che ho detto sopra; ma vorrei tornare a chiedere: immaginando di rivolgersi al concreto pubblico italiano di oggi (e non solo a una sua specifica sezione), e dando per scontato che solo pochi capiscono immediatamente cosa vuol dire "ghettoblaster", quali associazioni può evocare una frase come "con tanto di laptop e ghetto-blaster" (soprattutto se scritto con il trattino, aggiungerei) nelle sue varie e diversificate componenti?
Peer comment(s):
agree |
Fiamma Lolli
: ho sette cartelle da revisionare per domani mattina, e poi parto per tre giorni, mannaggia, come vorrei discuterne a lungo! / Zaino in spalla, pronta a partire, un bacio :)
20 mins
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chissà, forse un giorno vinceremo la lotteria e potremmo passare le sere con adeguate bottiglie a discettare di massimi sistemi e spaccar capelli in quattro con gran gusto...
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agree |
_floriana_
: intanto ti do un agree, ma quale che sia la scelta finale, volevo esprimerti la mia emozione a vedere che qualche traduttor* che si interroga sui risvolti politici delle sue scelte esiste :)
45 mins
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grazie - contiamo poco ma forse non siamo tanto pochi... :-) // riflettevo che qui la cosa si muove quasi in senso contrario: l'attenzione alla realtà politica che spinge a interrogarsi sui relativi meriti delle varie scelte linguistiche possibili... :-)
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agree |
Stefano77
10 hrs
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grazie
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